Vi capita spesso di rovesciare il primo caffè della giornata? Il problema in effetti deve essere piuttosto diffuso, se pensate che il consumo mondiale di questa bevanda supera i due miliardi di tazze ogni giorno, e che mani tremanti e occhi mezzi chiusi dal sonno non rendono facile per nessuno maneggiare la prima tazzina della giornata. La soluzione? Il cappuccino. Uno studio coordinato dalla Princeton University, e pubblicate dalla rivista Physics of Fluids, dimostra infatti che la densa schiuma che caratterizza un buon cappuccino è in grado di stabilizzare il liquido all’interno della tazza, rendendo molto più difficile rovesciarlo inavvertitamente. Una scoperta curiosa, che va ad aggiungersi ad una crescente mole di dati (più o meno seri) sulla “scienza del caffè”.
Lo studio
L’ispirazione dei ricercatori inglesi non nasce in realtà dal cappuccino, ma da un’altra bevanda famosa per la sua schiuma: la birra. “All’epoca mi trovavo nel Sud della Francia per il mio dottorato”, ricorda Alban Sauret, ricercatore del francese Centre national de la recherche scientifique e tra i principali autori dello studio. “Eravamo in un pub, e abbiamo notato che trasportando una pinta di Guinness, una birra estremamente schiumosa, il liquido all’interno del bicchiere sembrano non oscillare quasi per nulla”.
Per cercare di indagare il principio fisico che si cela dietro questo fenomeno, Sauret e i colleghi della Princeton University hanno realizzato un esperimento, utilizzando una soluzione di acqua,glicerolo (sostanza che aumenta la viscosità della soluzione) e comune sapone per i piatti, sulla quale hanno creato uno spesso strato di schiuma iniettando aria dal fondo del recipiente in cui era contenuta. Analizzando il comportamento del liquido hanno quindi scoperto che una volta sottoposto a sollecitazioni, le onde che si generano sulla superficie hanno un’ampiezza 10 volte minore se è presente un bel tappo di schiuma.
Il perché non è ancora chiaro, ma l’ipotesi presentata nello studio è che l’attrito della schiuma con le pareti del bicchiere in cui è contenuto il liquido aiuti a dissiparne l’energia. I risultati dell’esperimento comunque dimostrano una volta per tutte che è molto più difficile rovesciare un cappuccino (o una birra) piuttosto che un caffè. Una scoperta nata da un’intuizione semiseria, ma che, assicurano i ricercatori, potrebbe trovare concreta applicazione in campi come il trasporto dei gas allo stato liquido, o del carburante dei razzi.
L’aroma
A rendere celebre il caffè (in particolare il nostro espresso) è certamente il suo sapore ricco, che tende a rimanere a lungo sul palato. La maggior parte delle sensazioni che percepiamo quando beviamo un buon caffè non derivano però dalle papille gustative, ma da sostanze chimiche volatili che raggiungono il naso mentre ne respiriamo l’odore, o in maniera indiretta risalendo dalla bocca lungo la cavità nasale: ovvero l’aroma.
Si tratta di sostanze come il β-damascenone (che fornisce alle rose il loro odore caratteristico), il guaiacolo, la vanillina(caratteristica ovviamente della vaniglia), sostanze sono responsabili di caratteristiche fondamentali del sapore del caffè come l’essere alcalino, fruttato o terroso. Oggi ne sono state scoperte oltre 800, e nuove sostanze continuano ad essere aggiunte alla lista ogni giorno.
Come spiegano i ricercatori della International Coffee Science Association, per svelare i segreti dell’aroma del caffè non basterà identificare tutte le sostanze chimiche presenti nella bevanda, perché bisogna anche riuscire a comprendere in che modo queste interagiscano tra loro e con i recettori del naso, per creare la sensazione unica che regala un buon espresso appena fatto.
La salute
Il caffè non è solo buono. La letteratura scientifica degli ultimi anni è infatti ricca di studi che dimostrano gli effetti benefici di questa bevanda sulla nostra salute. Innanzitutto aiuta la memoria,potenziando il consolidamento dei ricordi e le capacità di concentrazione. È poi utile anche per abbassare il rischio di diabete di tipo 2, e quello di sviluppare un tumore al fegato, rischio che secondo uno studio italiano verrebbe più che dimezzato bevendo circa tre tazzine di caffè ogni giorno (ma gli esperti consigliano di non superare le tre-quattro tazzine giornaliere).
Quattro tazze al giorno di caffè americano sarebbero sufficienti per diminuire del 20% il rischio di melanoma, e di tumore dell’endometrio (ma attenzione, perché il caffè americano contiene più caffeina). Sostanze come i polifenoli, contenuti nel caffè, prevengono l’insorgenza di malattie cardiovascolari, mentre la caffeina diminuisce il senso di fatica, aiuta la motilità intestinale, e sembra potenziare l’effetto dell’aspirina.
Alcuni studi indicherebbero inoltre che il consumo di caffè (per i non fumatori ovviamente) sarebbe collegato ad una minoremortalità per tutte le cause: in sostanza, il caffè potrebbeallungare letteralmente la vita.
Il segreto della caffeina
Diverse piante, come quella del tè e della cioccolata, contengono caffeina. Quella presente nel caffè, per quanto identica sotto il profilo chimico, avrebbe però un’origine evolutiva assolutamente diversa. Lo ha dimostrato uno studio del Coffee Genome Hub a cui hanno partecipato anche l’Enea e l’Università di Trieste. Esaminando il genoma della pianta del caffè, e mettendo a confronto gli enzimi che questa utilizza per produrre la caffeina con gli analoghi presenti nelle piante del tè e del cioccolato, i ricercatori hanno potuto stabilire che si tratta di un esempio di convergenza evolutiva.
La caffeina in sostanza sarebbe stata scoperta più volte, e in modo completamente indipendente, nel corso dell’evoluzione di diverse specie vegetali. Perché questo sia successo non è chiaro, ma l’ipotesi più diffusa è che serva ad attirare gli insetti impollinatori, che una volta sperimentata, proprio come noi, non riuscirebbero più a farne a meno.
Rischi per la salute.
Come per tutte le sostanze, anche la caffeina risulta letale se se ne assume una dose sufficiente. In questo caso però, per morire di avvelenamento da caffeina bisogna consumare più di 100 tazze di caffè (più di 150-170 nel caso dell’espresso) in un giorno. Talmente tante che non solo risulta poco probabile riuscirci, ma ben prima di raggiungere i livelli di caffeina richiesti risulterebbe letale la quantità di acqua ingerita con i caffè (ne bastano circa 6 litri per uccidere una persona di medie dimensioni).
Meno pericoloso, ma comunque fastidioso, è il fatto che la caffeina può dare dipendenza. Succede a chi consuma due-tre tazzine in su ogni giorno, ma si tratta di una dipendenza piuttosto lieve, che può provocare qualche mal di testa, un senso di fatica e una certa irritabilità per un paio di giorni in caso si smetta di bere caffè di colpo. Bere caffè può aumentare lievemente la pressione, e per questo non è indicatissimo in chi soffre di ipertensione, può creare problemi gastrointestinali (anche se una recente metanalisi sembra negare effetti negativi per chi soffre di reflusso) e aumenta irrequietezza e nervosismo. Alle donne incinte viene infine raccomandato spesso di smettere o limitare fortemente il consumo di caffè, ma si tratta di una misura precauzionale per mancanza di dati certi sui possibili rischi per la salute del feto.
Via: Wired.it
Credits immagine: Premshree Pillai/Flickr CC