A guardare le immagini del grigio suolo lunare tutto si potrebbe pensare tranne che il satellite sia ancora attivo. Le tracce di attività vulcanica, in effetti, sono vecchie di miliardi di anni. E di eruzioni, da quando l’essere umano osserva questo corpo celeste, non ne sono mai state viste. Eppure, secondo uno studio condotto da un team internazionale di scienziati e pubblicato su Nature Geoscience, la Luna è tutt’altro che ‘morta’: secondo i ricercatori, ci sarebbe del magma sotto la crosta, che sarebbe semplicemente troppo denso per risalire e provocare eruzioni vulcaniche.
Per arrivare a questa conclusione c’è voluto lo sforzo congiunto di numerosi centri di ricerca europei: dall’Università di Amsterdam VU a quelle di Parigi 6 e Lione 1, passando per quella di Edinburgo e per l’European Synchrotron Radiation Facility (ESRF) di Grenoble. L’idea che il sottosuolo lunare potesse essere ancora attivo derivava dalle continue segnalazioni di attività sismica registrate dalle apparecchiature che negli ultimi cinquanta anni sono state installate sulla superficie del satellite. Inoltre, a un’attenta osservazione della crosta, si possono riconoscere delle formazioni note come graben, o fosse tettoniche, che indicano una attività geologica piuttosto recente, come sottolineano le immagini del Lunar Reconnaissance Orbiter Camera, pubblicate in un altro studio sempre su Nature Geoscience.
Gli scienziati si sono allora chiesti come fosse possibile che un sottosuolo attivo e caldo non producesse mai eruzioni vulcaniche, come quelle che il magma genera sulla Terra. La risposta, secondo i ricercatori, era da ricercare nelle caratteristiche stesse della lava lunare, troppo densa per risalire il manto e provocare colate o lapilli sulla superficie. Un po’ come succede per le bollicine d’aria nell’acqua che bolle, infatti, è proprio la differenza di densità tra il magma liquido e il materiale solido che lo circonda a spingere la lava a salire in superficie e provocare un’eruzione: più il magma è leggero più sale velocemente, ma se questo è molto denso, semplicemente diventa troppo pesante per superare la crosta, a prescindere dalle grandi pressioni cui è sottoposto.
Per testare la caratteristiche delle rocce lunari sottoposte a queste forti tensioni, e in particolare per misurarne la densità, i ricercatori hanno dunque provato a sintetizzarle in laboratorio, copiando la composizione dei 380 kg di materia riportata dal satellite in cinque decadi di missioni Apollo. Vicino al nucleo della Luna la pressione si aggira intorno alle 45 mila atmosfere e la temperatura arriva a 1.500 gradi centigradi. Le rocce si trovano quindi in condizioni estreme, che sono riproducibili a terra solo per piccoli campioni di materia, riscaldati tramite una corrente elettrica mentre sono schiacciati da una pressa. In questo modo la materia viene a trovarsi in un doppio stato: in parte è ancora solida, mentre il resto è liquefatto.
Misurare la densità della materia in queste condizioni diventa piuttosto complicato. Per farlo i ricercatori hanno dovuto colpire il campione con una radiazione a raggi X molto potente, prodotta dal sincrotrone di Grenoble, e poi misurare quanto questa risultasse attenuata dopo il passaggio nella roccia: in questo modo gli scienziati erano in grado di valutare quanta radiazione fosse stata assorbita dal campione e dunque valutarne la densità. “Abbiamo dovuto usare la sorgente di raggi X più luminosa al mondo per portare a termine questo esperimento, perché il campione di magma era molto piccolo e tenuto in un contenitore dalle pareti altamente assorbenti per mantenerlo nelle giuste condizioni”, ha spiegato Mohamed Mezouar, ricercatore a Grenoble. “Senza una raggio così potente non avremmo mai potuto misurare le variazioni di densità”. In seguito, estrapolati i dati su questa caratteristica, i ricercatori hanno potuto creare delle simulazioni al computer per calcolare la densità del magma in tutti i punti del manto lunare.
Gli scienziati hanno dunque osservato che molti tipi di magma nell’esperimento si comportavano proprio come la lava terrestre. C’era però un particolare tipo di roccia lunare, costellata al suo interno da piccole gocce di vetro ricco di titanio, che una volta sciolta risultava densa come la materia solida. È proprio il magma derivante da questa che secondo i ricercatori potrebbe trovarsi nelle regioni più vicine al nucleo: da lì, viste le sue caratteristiche fisiche, non si può spostare verso la superficie, perché troppo pesante. “Oggi la Luna si sta pian piano raffreddando, così come la lava al suo interno”, ha spiegato Wim van Westrenen, ricercatore dell’Università di Amsterdam che ha coordinato lo studio, “ma in un futuro ancora lontano, la composizione di queste rocce ormai più fredde e solide cambierà, probabilmente rendendole meno dense. Sarà a quel punto che, forse, il magma potrà diventare più leggero e quindi risalire in superficie, creando un vulcano attivo sulla Luna. Chiaramente per ora questa rimane solo un’ipotesi, seppure molto affascinante”.
Riferimento: doi:10.1038/ngeo1402
Credit per l’immagine: Nasa