Breakthrough. Una nuova era nell’astronomia. Scoperta epocale. In questi giorni, i fisici non stanno certo facendo economia di iperboli per salutare l’osservazione sperimentale del primo segnale di onde gravitazionali provenienti dalla collisione di due stelle di neutroni, operata in contemporanea dai potenti occhi degli interferometri Ligo, negli Stati Uniti,degli interferometri Ligo, negli Stati Uniti, Virgo, in Italia, e dei telescopi dell’osservatorio Eso in Cile. Il fomento sembra essere addirittura superiore a quello con cui, due anni fa, la comunità scientifica accolse la prima rivelazione assoluta di onde gravitazionali – cui poi ne seguirono altre tre –, proveniente però dalla fusione di buchi neri, che è appena valsa il premio Nobel per la fisica agli scienziati che hanno realizzato l’interferometro che ha permesso la scoperta. Il motivo è presto detto: mentre i buchi neri non emettono alcuna radiazione (non a caso sono detti neri), le onde gravitazionali provenienti da stelle di neutroni in collisione sono accompagnate dall’emissione di radiazione luminosa e di elementi pesanti (tra cui oro, platino e uranio). Una ricchissima miniera di dati e informazioni su cui gli scienziati non vedono l’ora di mettere le mani: “I segnali di onde gravitazionali sono come l’audio di un film”, ha spiegato, con un’efficacissima metafora, David Reitze, direttore esecutivo del laboratorio Ligo. “La luce emessa dalle stelle di neutroni, invece, è la parte video dello stesso film. Grazie a questa nuova osservazione, possiamo finalmente goderci un filmato dell’Universo compreso di audio e video”.
Cosa riusciremo a scoprire guardando e riguardando questo film, di cui, secondo le previsioni degli scienziati, ci arriveranno sempre più frequentemente altri spezzoni? Naturalmente, non lo sappiamo ancora a fondo. Ma possiamo già formulare alcune ipotesi. Tecnicamente, l’era dell’astronomia appena iniziata si chiama multi-messagero, in virtù del fatto che sfrutta, per l’appunto, diversi tipi di segnali combinati che arrivano dagli angoli più remoti dell’Universo (in questo caso, per esempio, onde gravitazionali, radiazione luminosa e spettro dei materiali pesanti). Lo studio di segnali di questo tipo ci aiuterà a comprendere, per esempio, la natura e le dinamiche che regolano il comportamento delle stelle di neutroni, entità estreme ancora poco conosciute. Si tratta, per la precisione, di oggetti cosmici dalle dimensioni ridottissime (hanno un diametro dell’ordine delle decine di chilometri) che si formano quando una stella, finito il carburante al suo interno, smette di brillare e collassa: l’enorme pressione che si viene a creare al suo interno innesca la fusione di protoni ed elettroni, che generano, per l’appunto, neutroni.
Grazie all’osservazione di questa collisione, abbiamo imparato che le stelle di neutroni producono i cosiddetti gamma ray bursts, ovvero lampi di luce velocissimi e molto luminosi, oltre un milione di bilioni di volte più del Sole. Tali lampi erano stati già osservati, ma stavolta il supporto di Ligo e Virgo ha permesso di associarli all’emissione di onde gravitazionali e quindi a collisioni cosmiche di stelle di neutroni.
E ancora, a cascata: la presenza di gamma ray bursts dà indizi sul fatto che la fusione di stelle di neutroni genera una kilonova, ossia un’esplosione cosmica mille volte più luminosa di una supernova. Anche in questo caso, non era certo che le kilonovae fossero associate alla collisione di stelle di neutroni: l’evento osservato da Ligo-Virgo-Eso sembra averlo confermato.
C’è dell’altro: le onde gravitazionali appena osservate, infatti, ci hanno permesso (e ci permetteranno) di comprendere come le collisioni di stelle di neutroni producano elementi più pesanti del ferro, come oro e platino. L’ipotesi al momento più accreditata coinvolge un fenomeno noto come processo r, in virtù del quale i neutroni rilasciati durante la fusione si combinano con gli atomi circostanti dando luogo, per l’appunto, alla formazione di metalli pesanti. L’osservazione dello spettro di GW170817 – questo il nome in codice dell’evento osservato, che sta per Gravitational Wave del 17 agosto 2017 – ha svelato che la collisione delle stelle di neutroni ha generato una nube di materiali pesanti, in particolare oro, in quantità pari a 10 masse terrestri. E suggerisce che sarebbero stati proprio questi eventi a popolare l’Universo (e la Terra) di tali materiali.
Last but not least, le osservazioni di onde gravitazionali ci permetteranno di misurare con sempre maggiore precisione il tasso di espansione dell’Universo: dal momento che gli astronomi conoscono con precisione la sorgente delle onde, è possibile misurarne la distanza dalla Terra e inserirla nelle equazioni che regolano l’espansione dell’Universo, estrapolandone il tasso di accelerazione, la costante di Hubble. Interessante notare come, al momento, la misura della costante di Hubble ricavata dall’osservazione delle onde gravitazionali sia coerente con quella ottenuta con altri metodi. Il contrario sarebbe stato non poco preoccupante.
Via: Wired.it