Siamo in grado di misurare il tempo senza avere un orologio? Certamente, e secondo lo studio pubblicato sul Journal of Experimental Psychology per farlo ci basiamo molto sulle esperienze passate. Ma questa personale percezione del tempo può essere distorta da influenze esterne, come la musica di sottofondo, in grado di mandare a monte anche le migliori pianificazioni.
Mancare a un appuntamento, o arrivare troppo presto, possono quindi non essere solo frutto di pigrizia o di ansia: possiamo anche dare la colpa alle nostre canzoni preferite, di cui conosciamo la lunghezza e che ascoltiamo spesso. Ma non è così per tutti, esiste una differenza fra i giovani e gli anziani. Il team della Washington University di St. Louis, che ha condotto la ricerca, ha infatti voluto capire come queste due categorie pianifichino temporalmente i loro compiti e affrontino le scadenze.
Per farlo, in una prima parte dello studio, è stato chiesto a 36 studenti di college e 34 adulti sani di 60, 70 e 80 anni, di stimare quanto tempo impiegassero a completare un quiz, della durata effettiva di 11 minuti, senza che avessero accesso a un orologio. Alcuni di loro lo hanno svolto in silenzio, mentre ad altri sono state fatte ascoltare due canzoni lunghe o quattro brevi in sottofondo, per verificare se questi elementi esterni potessero aver un qualche tipo di influenza.
Nello step successivo, gli stessi volontari hanno avuto 20 minuti di tempo per completare un puzzle e per rifare il quiz precedente, stimando quanto avrebbero impiegato per eseguire i due compiti. Si tratta di esperimenti progettati per riproporre gli stessi calcoli mentali che facciamo durante la vita di tutti i giorni. Queste attività, infatti, si basano su quella che viene tecnicamente chiamata “memoria prospettica tempo-dipendente” (TBPM), un tipo di memoria a lungo termine che ci aiuta a programmare eventi futuri (come per esempio il promemoria “devo prendere una medicina alle ore 20”).
Ognuno dei due gruppi, spiegano i ricercatori, ha utilizzato strategie molto diverse per stimare il tempo, osservando una differenza sostanziale dell’influenza della musica: gli adulti, per esempio, ignoravano completamente il sottofondo musicale, preferendo affidarsi al loro “orologio interno”. Una scelta che veniva fatta anche quando ne avevano a disposizione uno vero. Questo perché, suggeriscono i ricercatori, gli anziani sono caratterizzati da un progressivo indebolimento della memoria e dei processi di elaborazione delle informazioni. Guardare un orologio mentre si svolge un quiz a domande richiede una, seppur blanda, capacità di multitasking faticosa per le persone di una certa età, che quindi si affidano più volentieri alla loro personale percezione del tempo. Nel caso particolare questo ha portato tutti gli anziani a sottostimare la durata del primo quiz e di conseguenza a spendere più tempo per il puzzle. I giovani, al contrario, con un approccio più multitasking alla vita, sembravano affidarsi di più alle canzoni per stimare lo scorrere del tempo in assenza di un orologio.
“Usare eventi esterni per fare stime temporali può essere una strategia vincente, quando li si conosce bene, ma in caso siano difficilmente prevedibili allora diventa rischioso” spiega Emily Waldun. Meglio quindi affidarsi al proprio orologio interno, basato su esperienze del passato, piuttosto che a fenomeni esterni. Abilità che non sembra perdersi con l’età.
“I risultati del nostro studio, sebbene preliminari, suggeriscono che la capacità di gestire il tempo e di svolgere compiti complessi di durata finita, si conservino con l’avanzare degli anni”, concludono gli autori. Una buona notizia per tutti gli anziani.
Riferimenti: Washington University St. Louis