Pericolo valanghe: arrivano nuove linee guida

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(Foto via Pixabay)

Le valanghe costituiscono uno dei principali rischi per chi ama sciare, soprattuto se fuori pista, e anche per i soccorritori. Ma non solo come ci ha purtroppo insegnato la vicenda dell’Hotel Rigopiano. Come comportarsi per ridurre il numero e l’impatto degli incidenti sulla neve? Analizzando la letteratura scientifica disponibile, un comitato di esperti ha tracciato delle linee guida per la prevenzione e il soccorso delle vittime, indirizzate a sciatori e a soccorritori. Il lavoro si concentra su tre aspetti: la prevenzione, il soccorso, la rianimazione.

Ogni inverno, sono circa 100 le vittime delle valanghe, solo sulle Alpi. Nel 75% dei casi è l’asfissia a provocare la morte delle persone sepolte da una valanga. Tre sono i meccanismi che la determinano: l’ostruzione delle vie aeree dovuta all’inalazione di neve o detriti, il congelamento del vapore acqueo dell’aria respirata, che si trasforma in una “maschera di ghiaccio”, l’esaurimento dell’ossigeno disponibile. In quasi tutti gli altri casi, sono i traumi subiti, dovuti alla collisione con rocce o alberi, ad essere fatali. L’ipotermia, più lenta a sopravvenire, costituisce un rischio minore.

La prevenzione è la migliore strategia per difendersi dal rischio valanghe, la maggior parte delle quali sono innescate da sciatori o escursionisti incauti. Bisognerebbe dunque pianificare con cura le proprie escursioni, tendendo conto delle condizioni meteo, delle allerte, delle pendenze e delle caratteristiche del tracciato. Ancora: attraversare uno alla volta le aree rischiose sotto il controllo dei compagni, passando attraverso isole di sicurezza, meglio se ancorati a delle corde, per evitare, in caso di valanga di essere trascinati via. Cosa fare però se, malgrado le cautele, si è coinvolti in una valanga?

Il maggior pericolo è quello di restare sepolti: occorre dunque cercare delle vie di fuga, per non essere raggiunti dalle masse di neve in caduta. Se si viene travolti, pensare a proteggersi la testa (anche se sarebbe meglio indossare un casco) e coprirsi il volto con le braccia per evitare di inalare detriti e allo stesso tempo creare una sorta di tasca per l’ossigeno. Fondamentale è inoltre, se possibile, liberarsi degli sci, che rendono difficili i movimenti e l’estrazione da parte dei soccorritori. Solo lo zaino deve essere mantenuto, per proteggersi dai traumi e per avere eventualmente a disposizione “generi di conforto”.

L’investimento tecnologico è un aspetto da non sottovalutare: equipaggiarsi di dispositivi “salvavita” può fare la differenza. Come gli airbag – che, permettendo di “galleggiare” sulla neve, riducono il rischio di venirne sepolti – o i segnalatori di posizione, che facilitano la localizzazione delle vittime.

Se si resta sepolti nella neve, le probabilità sopravvivenza scendono vertiginosamente dal 90% al 30% nei primi 30 minuti dopo l’incidente: la tempestività degli interventi è cruciale e la propria preparazione e quella dei propri compagni di escursione può salvare la vita.

Nelle linee guida si continua descrivendo le modalità di intervento. Stabilire una chiara sequenza di salvataggio, attribuendo ai diversi soccorritori ruoli complementari ben definiti consente di rendere l’intervento più efficiente e rapido. E per aumentare le probabilità di successo, rianimare le vittime appena capo e petto sono state riportate alla luce.

Riferimenti: Wilderness & Environmental Medicine

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