Quanti tipi diversi di personalità esistono? Alcune sono più comuni di altre? Una ricerca americana condotta dai ricercatori della Northwestern University torna sul tema, sostenendo che esistono almeno quattro tipologie di personalità: il riservato, l’autocentrato, il modello di ruolo e l’ordinario (o medio). Ma non si tratta di categorie fisse e immutabili: la maggioranza degli individui attraversa delle fasi, correlate all’età e al sesso, passando così da un gruppo all’altro. Sui grandi numeri però i tratti della personalità preponderanti sembrano essere quelli ordinari. La ricerca è stata pubblicata su Nature Human Behaviour.
L’analisi parte dai dati raccolti grazie a 1,5 milioni di test, ai quali persone provenienti da tutto il mondo hanno partecipato volontariamente, attratte dalla curiosità di ricevere un responso sul proprio carattere. Si tratta di quattro questionari sulla personalità disponibili online in lingua inglese: l’IPIP-NEO in due versioni (una da 120 e l’altra da 300 domande), il myPersonality project e il BBC Big Personality Test. Rappresentano una fonte preziosa di informazioni perché, oltre a essere numericamente significativi, sono ricchi dal punto di vista della qualità dei dati: i quattro questionari sono diversi tra loro non solo per quanto riguarda il numero di domande ma anche per la scala di punteggi utilizzati. I risultati di tutti questi test, grazie alle possibilità di condivisione offerte dalla rete, vengono messi a disposizione dei ricercatori interessati a utilizzarli per ulteriori indagini, e così hanno fatto gli studiosi della Northwestern.
Base di partenza dello studio, condotto da Luís Amaral della Northwestern University sono i cinque fattori fondamentali della personalità (i cosiddetti Big 5), comunemente accettati dalla comunità degli psicologi e psicoterapeuti. La teoria dei Big 5 sostiene che esistano cinque tratti salienti per descrivere la personalità di ciascuno: nevroticismo (una misura della stabilità emotiva), estroversione, apertura mentale, amicalità e coscienziosità, utilizzati dai ricercatori come base di partenza per effettuare uno screening computazionale complesso. Questi cinque tratti, spiegano i ricercatori, sono statisticamente aggregati a formare quattro insiemi, che suggeriscono l’esistenza di quattro tipi di personalità: ordinario, riservato, autocentrato e modello di ruolo.
La categoria degli ordinari, che raggruppa il numero maggiore di intervistati come intuibile anche dal nome, è caratterizzata da alti punteggi di nevroticismo ed estroversione, risultati buoni in fatto di amicalità e coscienziosità, ma relativamente bassi per l’apertura mentale. Chi rientra nel gruppo dei riservati è emotivamente stabile, chiuso alle nuove esperienze, poco estroverso e con un livello di amicalità e coscienziosità inferiore rispetto agli ordinari. Gli autocentrati sono molto estroversi e piuttosto nevrotici ma poco aperti mentalmente e totalizzano punteggi bassi in fatto di coscienziosità e amicalità. Infine ci sono i modelli di ruolo, che registrano un buon punteggio per tutti i fattori, fatta eccezione per il nevroticismo, perché sono emotivamente stabili.
I tratti dei “Big 5” per le diverse personalità identificate dai ricercatori (Credit: Northwestern University)
Lo studio suggerisce anche altro però. Per esempio mostra che i più giovani rientrano più facilmente nella categoria degli autocentrati, ma che con il passare del tempo, i fattori preponderanti della personalità diventano altri. Gli individui che hanno più di 15 anni difficilmente risultano autocentrati, soprattutto se sono donne, e con l’avvicinarsi dell’età matura (sopra i 40 anni) sempre più persone ricadono nel gruppo dei cosiddetti “modelli di ruolo”. Che la nostra personalità possa cambiare nel corso del tempo lo afferma anche un altro autorevole studio pubblicato dall’Università di Edimburgo nel 2017.
Inizialmente William Revelle della Northwestern University, coautore della ricerca, era scettico nei confronti dell’impresa che stava per affrontare: l’esistenza di tipologie di personalità è controversa. Questo perché trovare prove scientifiche è difficile e gli studi effettuati in passato hanno sempre potuto contate su campioni poco significativi. Ma questa volta la base di informazioni utilizzate è molto ampia. “Questi dati mostrano che ci sono densità più elevate di alcuni tipi di personalità”, ha confermato Revelle.
“Tutti noi possiamo essere misurati sulla base dei tratti della personalità. Si può dire che qualcuno è più o meno nevrotico o estroverso, e gli scienziati concordano su questo” ha aggiunto Amaral “per affermare l’esistenza di tipologie di personalità era necessario trovare delle combinazioni ricorrenti in cui i tratti della personalità fossero correlati tra loro, e dare un nome a queste combinazioni. Questo è quello che abbiamo fatto”.
Come sottolineano i suoi autori, lo studio presenta diverse criticità: non è del tutto rappresentativo della popolazione (chi partecipa al test lo fa volontariamente quindi non c’è un controllo sulla distribuzione del campione demografico), si basa esclusivamente su test spontanei che non vengono somministrati da specialisti e non dà indicazioni sul numero minimo di elementi necessari a definire in modo affidabile l’appartenenza a un certo tipo di personalità. Ma è destinato ad accendere il dibattito tra gli esperti del settore e può essere di grande utilità per gli operatori sanitari e per chi lavora nel campo della selezione del personale.
Riferimenti: Nature Human Behaviour