L’Ue stringe la morsa sui pesticidi, mettendo al bando le 22 sostanze ritenute più pericolose per la salute e per l’ambiente. Dopo tre anni di trattative, il 13 gennaio il Parlamento europeo ha finalmente trovato un accordo per il cosiddetto “pacchetto pesticidi”. Le norme più importanti riguardano il nuovo sistema di autorizzazione delle sostanze attive: quelle altamente tossiche – in particolare quelle cancerogene, mutagene e che danneggiano i sistemi riproduttivi – non potranno più essere autorizzate. Questo, però, non vuol dire che quelle attualmente commercializzate verranno immediatamente ritirate. Primo perché i provvedimenti entreranno in vigore a due anni dalla pubblicazione sulla gazzetta europea, quindi nel 2011; secondo perché la licenza dei pesticidi in commercio vale dieci anni: questo significa che un prodotto approvato nel 2003 potrà essere venduto fino al 2013, anche se si trova nella lista nera.
Un colpo al cerchio e uno alla botte: la direzione intrapresa dall’Ue è comunque quella auspicata dalla Pesticide Action Network Europe (Pan Europe, organizzazione che riunisce le associazioni ambientaliste). Le nuove norme, infatti, promuovono metodi non chimici di controllo delle colture, vietano l’uso dei fitosanitari nei pressi di parchi, aree urbane e riserve naturali, e il ricorso agli erogatori aerei per i campi di cereali (a meno di specifiche autorizzazioni). Le sostanze altamente persistenti e bioaccumulabili (mPmB) sono bandite, e i pesticidi ritenuti pericolosi per le api potranno essere vietati, come già accade in Italia (Vedi Galileo, Stop ai neonicoticoidi). Sono previste inoltre, zone cuscinetto e l’adozione di misure atte a tutelare le fonti di approvvigionamento di acqua potabile. Buone notizie anche sul fronte della sperimentazione animale: laddove i dati siano già a disposizione o esistano metodologie alternative, le domande di autorizzazione non dovranno essere accompagnate dai risultati di nuovi test.
Veniamo alle critiche. Primo: da un elenco iniziale di 400, l’accordo è stato raggiunto solo per una ventina di sostanze. “La neurotossicità andava inclusa tra i criteri di esclusione, soprattutto considerando l’evidenza scientifica sugli effetti che tali sostanze possono avere sullo sviluppo del cervello nel periodo pre-natale e nell’infanzia, e la loro correlazione con malattie come il Parkison”, dice a Galileo Monica Guarinoni, vicedirettrice dell’Health and Environment Alliance (Heal), organizzazione internazionale che riunisce circa sessanta network ambientalisti europei. “Per esempio, avremmo voluto vedere ritirato dal mercato il Chlorpyrifos (presente negli insetticidi Lorsban e Dursban, ndr.): si sospetta infatti che l’esposizione a questa sostanza durante la gravidanza possa provocare ritardi nello sviluppo cerebrale dei neonati”, spiega Guarinoni. Per il momento, invece, questa e altre sostanze saranno incluse, insieme a quelle immunotossiche, solo tra le ‘candidate alla sostituzione’, cioè quelle per cui gli stati membri sono tenuti a valutare prodotti alternativi disponibili sul mercato.
La seconda critica riguarda invece la cosiddetta “armonizzazione” degli stati membri che, da settembre, permette agli agricoltori di aumentare le dosi di pesticidi. L’Ue ha infatti deciso di uniformare tutti gli stati e tarare il limite dei residui massimi per frutta e verdura su quelli dello stato più permissivo. Conseguenze? Su 124 campioni analizzati lo scorso ottobre in cinque paesi europei da Pesticide Action Network (e da Legambiente in Italia), tre sono risultati fuori legge per la direttiva attuale, ma sarebbero stati 37 prima dell’armonizzazione dei limiti (qui il link per i risultati dell’indagine).
E il problema non sta solo nella dose massima consentita per il singolo pesticida, quanto piuttosto nell’azione congiunta di più principi attivi. In Italia – dove l’indagine è stata effettuata su 24 campioni venduti dalle catene Coop, Esselunga, Metro, Lidl e Carrefour in sette regioni (Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania) – sono stati trovati 31 principi attivi diversi, con una media di oltre 6 per ogni campione. “Questo, a nostro avviso, è l’aspetto più preoccupante”, commenta Francesco Ferrante, responsabile Agricoltura di Legambiente: “Nessuno sa cosa provochi l’insieme dei diversi pesticidi, eppure l’Ue non si esprime su questo argomento.” Nessuno dei 24 campioni, per onor di cronaca, si è meritato l’etichetta di “consigliabile”.
Ultima critica, e non per importanza: “Delle sostanze incluse nella lista, molte sono già state abbandonate nella pratica comune”, sottolinea Ferrante, per il quale si sarebbe potuto fare uno sforzo in più per la tutela dei consumatori. Invece l’ago della bilancia continua a pendere dalla parte delle organizzazioni agricole come Agropharma e Copa. La direzione è quella giusta, vero. Ma ci si muove a piccoli passi.