La lezione di Linux – il sistema operativo lanciato nel 1991 da Linus Torvald e che annovera milioni di estimatori – ha senza dubbio rivoluzionato il mondo dell’informatica alla fine degli anni Ottanta. Allora era opinione comune che per sviluppare un buon sistema operativo – cioè quell’insieme di istruzioni capaci di gestire le operazioni basilari che permettono a un computer di funzionare – fosse necessario il lavoro di singoli luminari dell’informatica o di affiatate équipe, che dovevano lavorare in ambienti completamente isolati, nel più oscuro anonimato, con direttive di sviluppo che sfioravano spesso il top secret. Oggi invece basta che un navigatore un po’ smaliziato imposti una ricerca su Internet e si troverà rapidamente di fronte a una miriade di comunità indipendenti impegnate nella realizzazione di sistemi operativi cosiddetti “open source”, ovvero a “sorgente aperta”. E questo significa che il codice principale su cui si basano, oltre a essere completamente libero da royalties, è liberamente accessibile a tutti e chiunque lo può modificare.
E’ stato Linus Torvald, che nel 1991 era un oscuro studente universitario di Helsinki, ad avere per primo la geniale idea di riutilizzare Minix, il piccolo sistema operativo del tipo Unix realizzato da Andrew Tanenbaum per i personal computer, come punto di partenza del suo nuovo sistema operativo. Ma come sempre accade prima della distribuzione di un nuovo software, il programma di Torvald necessitava di un debugging, cioè di una lunga e faticosa caccia agli errori nascosti nelle migliaia di righe del nuovo prodotto. E qui arriva la seconda idea luminosa: perché non delegare all’attività volontaria degli utenti, stimolati dalla soddisfazione di prendere parte ad un progetto di questo tipo, la snervante fase di debugging? Così Torvald prese l’abitudine di diffondere continuamente sul Web – spesso anche più volte al giorno – versioni aggiornate del kernel, cioè il cuore del nuovo sistema operativo. Qualunque appassionato poteva così collaborare diagnosticando problemi ed eventualmente suggerendo soluzioni (ancora oggi è rimasta l’usanza per i programmatori impegnati nei miglioramenti di Linux di assegnare alle varie versioni del kernel una cifra pari o dispari a seconda che essa sia stabile o meno). Insomma: contro lo strapotere dei giganti del software che si potevano permettere investimenti da milioni di dollari, il “piccolo” Linux rispondeva con il lavoro cooperativo e volontario di centinaia di programmatori che in cambio si ritrovavano con un sistema operativo gratuito.
Oggi le comunità che sviluppano sistemi operativi open source e che seguono l’esempio di Linus Torvald e del suo Linux si sono moltiplicate. La strategia vincente è questa: riutilizzare i codici e le idee dei sistemi che hanno già ottenuto un riscontro positivo sul mercato, costruendo su questa base una nuova impalcatura per i loro progetti. Lo sviluppo si basa poi sull’azione coordinata di vari team, ognuno dei quali si occupa di aspetti specifici del nuovo sistema operativo. I coordinatori distribuiscono continuamente versioni aggiornate del sistema ai loro utenti, dichiarando ai potenziali interessati come esso sia sul punto di evolversi, e richiedono a chiunque sia disponibile una eventuale collaborazione, puntando alla infinite possibilità di comunicazione proprie da Internet.
E’ questo, per esempio, il caso di Reactos (http://www.reactos.com) un sistema operativo nato da un’idea di Jason Filby nel gennaio del 1998 che vuole essere compatibile con le applicazioni e i driver di Windows NT (il fratello maggiore della serie Windows di Microsoft, impiegato soprattutto sui computer professionali). Il gruppo di Wine (http://www.winehq.com) è partito addirittura nel 1993 grazie all’intensa attività di Bob Amstadt e Alexandre Julliard. All’inizio l’obiettivo era di far funzionare i programmi previsti per il sistema operativo Windows 3.1 anche con Linux. Poi, grazie al lavoro di oltre 140 persone in tutto il mondo, ha esteso il suo campo d’azione e oggi si propone come un vero e proprio sistema operativo alternativo a quello Microsoft.
C’è poi Freedows (http://www.freedows.org), basato sul Cache Kernel dei programmatori della Stanford University, capace di emulare e far funzionare programmi applicativi nati in origine per Windows, Linux, o MacOs (il sistema operativo di tutti i computer Apple). Gnu Hurd (http://www.gnu.org/software/hurd/hurd.html) invece è una piattaforma rilasciata dalla organizzazione Gnu (non è una sigla: l’organizzazione prende il nome dallo gnu, un animale simile a un bufalo) con il dichiarato scopo di insegnare ai propri utilizzatori come divenire dei veri e propri kernel hacker. Infine ci sono OpenBds (http://www.openbds.org), NetBds (http://www.netbds.org) e FreeBds (http://www.freebds.org), sistemi operativi ispirati a Unix e capaci di funzionare agilmente anche su hardware obsoleti. Questi sistemi hanno molto successo nel mondo di Internet, in particolare per gli web server. Un esempio su tutti: FreeBsd è stato scelto nientemeno che da Yahoo! per gestire gli oltre 12 milioni di richieste inoltrate ogni giorno dagli utenti. L’ultimo arrivato nella grande famiglia degli open source si chiama PublicOs (http://www.underbyte.com/publicos.htm): questo progetto, partito nel maggio 1999, ha l’obiettivo di realizzare un altro sistema operativo in grado di accedere senza difficoltà alle applicazioni Windows e Linux.