Piccolo trattato di epistemologia

    M.C. Amoretti, N. Vassallo
    Piccolo trattato di epistemologia
    Codice 2010, pp.155, euro 18,00

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    Il numero di nomi che popolano questo volumetto è enorme: il che sta a significare che l’epistemologia è giovane e sono in tanti a subire la tentazione di occuparsene. Basta guardare la parte dedicata alla bibliografia – 21 pagine in corpo minore – e sbirciare le date di pubblicazione, per rendersene conto. Bene! Ma poi bisogna dire di che cosa si tratta; e lì incominciano i dolori: lo sforzo di chiarezza delle autrici è formidabile; e però la moltitudine che ha dato loro gli spunti sembra annaspare in una cava di significati variabili. Sento una “pulsione” a sparare lì subito una sentenza concisa: ma, allora, è un metalinguaggio! E però devo respingerla, perché una delle peggiori esperienze del pensiero scientifico contemporaneo aveva un carattere tecnicamente molto simile: si trattava della sterilizzazione della matematica nota con il nome di bourbakismo, uno dei più grandi disastri intellettuali (beninteso, a mio parere). Anche lì, costringere le idee ad abitare i recinti dell’insiemistica e pretendere che tutto il nuovo scaturisse da una migrazione pastorale di concetti condotta con le regole immutabilmente codificate della transumanza sembrava una pretesa bella e buona per garantire un “rigore” molto più formale che sostanziale. Purché non ci fosse tra i piedi l’intuizione, l’immaginazione, insomma niente di godibile nei pensieri.

    Ma no: l’epistemologia e gli epistemologi non sono così intolleranti. Anzi si arrovellano e proprio questo fa piacere. Però, essendo un fisico incallito e un filosofo assai scadente, anche un piccolo trattato mi mette in agitazione. Su cosa fissiamo l’attenzione noi “fisici da campo”? Non sul repertorio, che vale quanto la scena di una rappresentazione teatrale, lo sfondo. Noi siamo spasmodicamente attratti dal cambiamento: perché abbiamo ormai raggiunto la convinzione che la fisica lavori a un continuo distacco dal senso comune, verso un “senso non-comune” che chiamare astratto è dir poco. Voglio dire: intrinsecamente astratto, non reso astratto dal costume linguistico. Perciò, i fatti e i valori di cui parla l’epistemologia moderna sono entrambi lontani dalle rappresentazioni mentali ingenue e il decollo dall’aristotelismo continua senza sosta indurendo ancor più le scienze dure come la fisica.

    Che i valori fossero astratti in partenza è naturale; ma che lo siano anche i fatti non lo è affatto. Faccio un esempio banale ma difficilmente comprensibile ai non-scienziati: la descrizione di un sistema fisico microscopico elementare è affidata a una “funzione d’onda”, un oggetto simbolico non misurabile! E però, le sue proprietà ci dicono tutto ciò che vogliamo sapere di quel sistema…
    Bene: Amoretti e Vassallo, con intrepida spavalderia di fronte ai muri di cemento degli scienziati naturali, cercano le crepe e ci si infilano per intercettare le voci della irrefrenabile spontaneità, registrarla e svelarla. Fatti e giustificazioni: la sostanza di cui è fatta la scoperta è molto meno dura di ciò che si pensa al riguardo dai neopositivisti in poi. Testimonianze e intersoggettività (ma le autrici non scrivono mai questa parola) producono certificati più pratici di ogni concetto di realtà. E a questo punto, un fisico teorico che usa simulacri matematici dei fenomeni naturali ha il dubbio di lavorare con le ombre della caverna di Platone.

    Il libro dice che c’è ancora moltissimo da fare. E ora non ho dubbi che lo si farà: l’epistemologia femminista sinora non aveva dato grandi segni di vita. Ora è nata. Auguri!

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