Plastica in mare: “La tartaruga Afrodite è morta, non siamo riusciti a salvarla”

plastica in mare
Credit: CRTM Brancaleone.

La plastica in mare ha ucciso Afrodite. La tartaruga Caretta caretta soccorsa lo scorso aprile dai volontari del Centro recupero di Brancaleone, in provincia di Reggio Calabria è morta il 3 maggio, dopo quasi due mesi di sofferenze. Le immagini che la ritraevano imprigionata in un impressionante groviglio di lenze e reti da pesca erano letteralmente esplose sui social. Migliaia di like e post, da ogni parte del mondo, anche per condividere la scelta del nome che, non a caso, e con un chiaro significato augurale, era stato dato alla tartaruga: Afrodite, appunto, come la dea dell’amore, nata dalla schiuma del mare secondo la mitologia greca. E ora uccisa dalla plastica in mare. “Abbiamo fatto tutto il possibile”, racconta Tania Il Grande, il tecnico di riabilitazione del centro di recupero che aveva preso Afrodite sotto la sua ala protettiva, “ma il nostro amore e le cure non sono bastate”.

In che condizioni era Afrodite quando è stata soccorsa lo scorso aprile?

Il suo carapace era come imbalsamato da metri di lenza, attorno ai quali era rimasto attorcigliato anche un cerchione di bicicletta. La situazione era così grave che i veterinari del Centro le avevano amputato subito la pinna destra, riservandosi di decidere cosa fare con quella sinistra, che mostrava preoccupanti segni di necrosi. Purtroppo, non c’è stato niente da fare.

Purtroppo non sembra un caso eccezionale: la cronaca riporta quotidianamente notizie di animali marini imprigionati da grovigli di reti e lenze o con lo stomaco pieno di plastica. Che sta succedendo?

La vita marina è minacciata da una concentrazione sempre più elevata di rifiuti di ogni tipo ma soprattutto di plastica in mare. E anche la catena alimentare sta subendo gravissimi danni. Pensi che tracce o, addirittura, pezzi interi di plastica sono stati ritrovati nell’80% degli esemplari di Caretta caretta, una specie che, voglio ricordarlo, è a rischio di estinzione. E come conferma il caso di Afrodite, è impressionante anche la quantità di reti e lenze che continuano ad essere abbandonati, dopo la pesca del tonno o del pescespada, e così l’invasione di cemento sui lidi sabbiosi. Senza interventi seri, tra qualche decennio, o anche prima, l’ecosistema marino è destinato a collassare.

Afrodite (IL VIDEO): vittima dell'inquinamento, forse non nuoterà mai più.[• IL VIDEO •] Lei è Afrodite, l’ultimo esemplare recuperato dal CRTM di Brancaleone. E’ arrivata questa notte, alle 2.00 circa, ci è stata segnalata dalla Guardia Costiera di Reggio Calabria. E’ stata avvistata nello stesso comune di Reggio Calabria da un diportista, galleggiava in evidente difficoltà e la sua storia ci ha colpito molto. La sua storia clinica è molto triste e la sua situazione attuale è molto critica. Ha i due arti anteriori completamente compromessi e purtroppo si pensa all’amputazione di entrambi gli arti, quindi la possibilità di sopravvivenza in queste condizioni.. si abbassa moltissimo.Qualcosa le stringeva a livello della spalla e non permetteva più la circolazione sanguigna e adesso vi faccio vedere perché.Afrodite, al momento dell’avvistamento si trascinava dietro tutta questa attrezzatura che vedete.. ci sono svariati metri di lenza in nylon usata per la pesca e un galleggiante in legno utilizzato dai pescatori per raccogliere la lenza in avanzo. Tutta questa lenza era aggrovigliata nelle sue pinne anteriori e lei si portava dietro tutto questo malloppo, in più questo cerchione da bicicletta, come potete vedere.. Uno dei tanti rifiuti che si trova in mare e che la tartaruga ha incontrato durante il suo viaggio.Per farvi comprendere cosa è successo ad Afrodite vorrei che per un attimo vi immedesimaste in lei. Provate a immaginare di passeggiare in strada, nella vostra città, e all’improvviso di restare intrappolati in una rete invisibile, che voi non riuscite a vedere, ma che vi imprigiona le braccia le spalle, i polsi e i gomiti ..voi cercate di liberarvi, ma più vi dimenate e più la morsa si stringe e più il dolore aumenta, aumenta così tanto fino a non sentirlo più.. il dolore. Non sentite neanche più il dolore però viene via la vita delle vostre braccia, non riuscite più a muoverle e piano piano vi rassegnate a non averle più. Urlate, provate a chiedere aiuto ma le vostre urla rimangono sorde.. nessuno le sente,. Questo è quello che è successo a Afrodite.Domani verrà immediatamente portata a Bari per delle visite specialistiche all’Università con il Prof. Di Bello, che come noi si batte per salvare questi meravigliosi animali tanto sfortunati. Non sappiamo come andrà a finire la sua storia, che purtroppo di speranze ce ne dà poche, però vorrei che ci facesse riflettere su quello che stiamo combinando al nostro mare e a questi animali. Vorrei che queste immagini ve le portaste per sempre dentro di voi….

Gepostet von Centro Recupero Tartarughe Marine di Brancaleone am Montag, 18. März 2019

Cosa si può fare contro la plastica in mare?

Basterebbe che ognuno facesse il proprio dovere, istituzioni in testa. Troppi ancora pensano e agiscono trascurando questo fondamentale presupposto etico-civile. Dovrebbero riflettere, invece, sul punto di non ritorno in cui ci troviamo. I cambiamenti climatici sono lo specchio di un ecosistema sofferente. Sempre più vulnerabile. Arrivato ad un livello di criticità che richiede decisioni urgenti. Servono scelte coerenti, azioni concrete. O si prende coscienza della gravità dei problemi o sarà la fine.

A cosa pensa in particolare?

Chi ha la responsabilità di decidere deve muoversi in fretta. E’ indispensabile un cambio di
marcia anche sotto il profilo dell’educazione ambientale, già a partire dalla scuola dell’infanzia. Migliaia di volontari sono impegnati in questa direzione, ma non basta. Così come non è sufficiente solo il lavoro del Centro recupero di Brancaleone. Le tartarughe, i pesci, il mare sono patrimonio di tutti. Perciò vanno tutelati con determinazione e, soprattutto, amore per il prossimo. Ecco, questo è il messaggio giusto, in grado forse di mettere tutti d’accordo: non abbiamo molto tempo a disposizione ma insieme possiamo farcela.

Voi del Centro Brancaleone avete a che fare con animali in condizioni critiche. Qual è il bello e il brutto del vostro lavoro?

Una tartaruga che guarisce regala una gioia indescrivibile. Ma accade anche il contrario, come dimostra Afrodite, e allora ti prende lo sconforto. Non riesci a dare una risposta convincente alle tue domande. Soprattutto quando scopri che un esemplare di tartaruga è morta per aver ingerito qualcosa che mai avrebbe dovuto incontrare: scatolette di carne, cotton fioc, assorbenti, tappi, cannucce, bicchieri e buste di plastica in mare.

E’ difficile far fronte a quest’altalena emozionale?

Entusiasmo e passione alimentano quotidianamente il mio volontariato. Il resto lo fanno il profondo rispetto che nutro per la natura. L’amore sconfinato che ho per il mare. La tenerezza che provo guardando le tartarughe e il bisogno di aprirsi alla grandezza della vita che esse sollecitano. Osservarle significa fare i conti con una storia lunga milioni di anni, con l’evoluzione delle specie animali: un tuffo nel passato remotissimo del pianeta, che fa sentire piccini, insignificanti.

Articolo prodotto in collaborazione con il Master SGP di Sapienza Università di Roma

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