La legge 40 è sul tavolo della Corte Costituzionale. Di nuovo. La Consulta enuncerà tra poche ore la sua decisione sulla fecondazione eterologa, cioè sulla possibilità, attualmente negata dalla norma, di ricorrere a ovociti o spermatozoi di un donatore esterno alla coppia, nel caso in cui uno dei due partner sia totalmente sterile (comma 3 dell’articolo 4).
La questione dell’eterologa è arrivata davanti alla Corte grazie a tre ordinanze – dei tribunali di Firenze, di Catania e di Milano – a cui altrettante coppie infertili e un ginecologo (costretto dalla attuale legge a rifiutare il trattamento) si erano rivolti. Contro la loro richiesta di modificare la legge, il processo vede schierati il Governo italiano e il Movimento per la vita.
Il presupposto è che quel comma 3 sia incostituzionale. La stessa Consulta, infatti, nella sua sentenza 151 del 2009 (con la quale la legge 40 è stata modificata in modo sostanziale) aveva decretato che la norma deve tutelare le giuste esigenze della procreazione. Perché questa tutela dovrebbe riguardare le coppie parzialmente infertili e non quelle che sterili lo sono del tutto? Attualmente, queste coppie devono sceglier tra rinunciare ad avere un figlio o andare all’estero.
La norma, ricordiamolo, al momento consente l’accesso alle tecniche di procreazione assistita solo alle coppie parzialmente infertili eterosessuali (sposate o conviventi). Se ora la decisione della Corte sarà per un sì all’eterologa (per coppie eterosessuali, sposate o conviventi), verrà scritto l’ultimo capitolo della storia “la legge 40 fatta a pezzi”. Della prima versione, infatti, resta in piedi ormai molto poco. Oggi, come ricorda Andrea Borini, presidente dell’ Osservatorio Turismo Procreativo:
“Si possono fecondare più di tre ovociti per volta, anche tutti quelli prodotti dalla donna se il medico lo considera utile per migliorare le possibilità di successo; le società scientifiche italiane hanno steso linee di comportamento, identificando i casi in cui è richiesto l’utilizzo di un numero elevato di oociti”.
“È il medico, insieme alla donna, a decidere quanti embrioni trasferire in utero: non più, quindi, tutti quelli fecondati, ma solo quelli che si ritengono in numero appropriato, per avere le più alte probabilità di successo e cercare di evitare una gravidanza multipla”.
“Si possono, anzi si devono, congelare gli embrioni prodotti e non trasferiti”.
“Si può eseguire la diagnosi genetica pre-impianto, si può valutare cioè la presenza di mutazioni genetiche specifiche di cui i genitori sono portatori, come in realtà la legge 40 ha sempre previsto”.
Ecco, invece, i divieti ancora in vigore: di accesso alle tecniche di procreazione assistita per le coppie fertili (che quindi, se portatrici di malattie genetiche, non possono ricorrere alla diagnosi pre-impianto); di revoca, dopo la fecondazione dell’ovulo, del consenso della coppia a procedere alle tecniche di procreazione assistita; della donazione alla ricerca scientifica degli embrioni non idonei per una gravidanza.
via wired.it
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