La tecnica della genetica ricombinante permette di produrre piante, animali e microrganismi con caratteristiche nuove, andando oltre quello che è possibile fare mediante le tecniche tradizionali di selezione, allevamento e incrocio. Questi interventi hanno l’obiettivo di conseguire numerosi vantaggi legati, per esempio, a un aumento del rendimento agricolo e/o di allevamento, a un miglioramento della qualità nutrizionale del prodotto, a una migliore utilizzabilità dei prodotti per i loro successivi trattamenti, oppure a una combinazione di due o più di questi aspetti.
Tuttavia, i geni utilizzati per la produzione di OGM sono inseriti in contesti diversi rispetto alle forme convenzionali, e le nuove caratteristiche espresse sono ottenute attraverso modifiche genetiche che portano le cellule a codificare per proteine che non sono «proprie» delle forme convenzionali. Per tale motivo, a fronte di vantaggi produttivi e/o nutrizionali, si può ipotizzare che le stesse modificazioni possano essere una potenziale fonte di rischio per il consumatore e/o per l’ambiente.
La discussione sugli effetti positivi o negativi degli OGM sulla salute umana è ancora aperta e per molti aspetti irrisolta. È chiaro comunque che il dibattito non può essere generico sugli OGM come classe omogenea, ma dovrebbe essere mirato caso per caso, considerando la specie modificata, la tipologia e la finalità di ogni singola modificazione, ma anche il contesto naturale e agricolo in cui viene introdotta. In assoluto, è comunque evidente che esiste l’impellente necessità, espressa anche da parte dei consumatori, di avere maggiori informazioni riguardo la sicurezza d’uso dei prodotti GM.
La bioingegneria per la produzione di alimenti
Gli OGM attualmente in commercio possono essere considerati come «OGM di prima generazione», la cui modifica è essenzialmente finalizzata ad aumentare la produttività della coltura introducendo resistenza a insetti (20 per cento dei tratti genici attualmente presenti nelle piante geneticamente modificate in commercio) e, ancor più, resistenza a specifici erbicidi (70 per cento dei tratti genici) [1]. Più recentemente le biotecnologie si stanno orientando verso la produzione dei cosiddetti OGM di seconda generazione nei quali, attraverso la modifica bioingegneristica, si tenta di intervenire su molteplici aspetti, tra i quali particolare importanza viene attribuita al miglioramento delle caratteristiche nutrizionali dell’alimento con la produzione di alimenti arricchiti [2], in un processo normalmente chiamato di «biofortificazione». Si stima che un 18 per cento delle varietà sperimentali GM attualmente in studio riguardi proprio la modifica del profilo nutrizionale degli alimenti. Molte di queste linee di produzione sono al momento in fase di sviluppo e molte altre evidenze scientifiche dovranno essere accumulate prima che questi prodotti possano essere messi sul mercato.
In generale, la biofortificazione di per sé non ha ragioni di allarme diverse da quelle che si possono avere per le altre forme di fortificazione tradizionali. La valutazione di sicurezza d’uso è simile nei due casi e dipenderà, da un lato, dai livelli di assunzione dell’alimento fortificato nella popolazione di riferimento, dall’altro, dal grado di conoscenza relativa al nutriente la cui concentrazione viene aumentata [3]. Va precisato che per molti nutrienti è internazionalmente accettato un limite massimo di assunzione [4] oltre il quale è bene non andare per evitare effetti da sovradosaggio, che possono essere negativi tanto quanto la carenza.
Rischi per la salute
Allo stato attuale delle conoscenze, l’introduzione di materiale genetico in un organismo ricevente non è un processo precisamente controllato e può provocare una varietà di effetti in relazione all’integrazione, all’espressione e alla stabilità del transgene nell’ospite [5]. La produzione di nuovi alimenti mediante metodi di incrocio tradizionali, siano essi piante, animali o microrganismi, non è solitamente sottoposta a valutazione di sicurezza d’uso nelle fasi precedenti e successive alla immissione nel mercato da parte di autorità nazionali o internazionali, così come avviene con gli alimenti geneticamente modificati. La maggiore precauzione nei confronti degli OGM deriva dal fatto che questi alimenti sono di fatto alimenti nuovi per i quali non è disponibile una storia pregressa che consenta di classificarli alimenti sicuri sia per la salute umana che per il loro possibile impatto ambientale.
La valutazione di sicurezza d’uso di un alimento GM si basa sulla possibilità di confrontare il prodotto biotecnologico con uno che abbia un livello accettabile di sicurezza; questo principio, elaborato agli inizi degli anni Novanta da FAO e OMS, è spesso riportato come principio della «sostanziale equivalenza» [6]. Tale principio suggerisce che gli alimenti GM possono essere considerati sicuri allo stesso livello degli alimenti convenzionali quando i componenti tossicologici e nutrizionali cruciali e caratterizzanti l’alimento GM sono paragonabili rispetto all’alimento convenzionale (fatta salva la naturale variabilità intraspecifica dei diversi componenti) e quando la modifica genetica di per sé è considerata sicura [7]. Questo concetto, che ha avuto il merito di porre delle basi per la discussione sulla sicurezza d’uso degli OGM, è stato tuttavia successivamente in parte criticato da alcuni esponenti della comunità scientifica [8]. Alla consultazione congiunta di FAO e OMS sugli alimenti di derivazione biotecnologica del 2000, al concetto di «sostanziale equivalenza» è stato riconosciuto un indiscusso valore di base, ma si è evidenziata la necessità di riferirsi a esso quale punto di partenza per la valutazione della sicurezza d’uso di un alimento GM rispetto alle controparti convenzionali [9].
In aggiunta però la consultazione ha concluso i lavori con la considerazione che i cambiamenti di composizione non devono essere il solo parametro per definire la sicurezza d’uso di un alimento GM e che la sicurezza può essere determinata soltanto con un confronto più ampio che tenga conto oltre che della composizione anche di altri aspetti della caratterizzazione del rischio integrata con contestualizzazioni di valutazione della entità e delle modalità di ingestione dell’alimento all’interno di stili alimentari definiti. In base al principio della «sostanziale equivalenza», la valutazione di sicurezza d’uso di un alimento GM si basa sulla possibilità di confrontare il prodotto biotecnologico con uno che abbia un livello accettabile di sicurezza.
La valutazione
I principi generali per la analisi del rischio di alimenti GM sono delineati dai documenti di consenso della commissione Codex Alimentarius [10-11]. Premessa generale di questi documenti è la necessità di una accurata valutazione prima della messa sul mercato degli alimenti GM, effettuata caso per caso e che includa una stima sia degli effetti direttamente legati al gene inserito, che degli effetti inattesi che si possono presentare in conseguenza dell’inserzione del nuovo gene. I principi di sicurezza sanciti dal Codex per gli alimenti GM, richiedono la ricerca e la valutazione di:
• effetti diretti sulla salute (tossicità);
• tendenza a provocare reazioni allergiche (allergenicità);
• componenti specifiche che si ritiene possano avere proprietà nutrizionali o tossiche;
• stabilità del gene inserito;
• effetti nutrizionali associati con la modifica genetica specifica;
• qualsiasi altro effetto inatteso in grado di derivare dall’inserzione del gene.
Questo tipo di valutazioni, fatte normalmente per gli alimenti derivanti da OGM, non sono invece sempre compiute per tutti i nuovi alimenti non di origine biotecnologia. Inoltre per alcune valutazioni esistono protocolli consolidati, come è il caso della valutazione della tossicità acuta di specifiche componenti dell’alimento. Quando però si devono fare valutazioni di alimenti complessi nei quali valutare anche gli effetti sinergici, le questioni possono complicarsi e i protocolli tradizionali non essere sufficienti per garantire la sicurezza d’uso. A tale proposito va detto che gli studi di tossicologia convenzionale possono essere di aiuto ma è quasi sempre necessario ottenere informazioni aggiuntive soprattutto sul nuovo alimento in toto, poiché non è sempre certo che la innocuità dei componenti garantisca la innocuità del prodotto finito [5, 9, 12].
Tra i possibili effetti inattesi di alimenti GM sulla salute umana è importante poter verificare che nel nuovo alimento non ci sia una aumentata produzione di antinutrienti e/o di sostanze tossiche, precedentemente non presenti o presenti in quantità prive di effetti per la salute umana. È comunque vero che gli stessi effetti negativi inattesi possono esserci anche con le tecniche tradizionali di incrocio, in quanto è l’incrocio in sè che ricombina il genoma degli organismi, e che fa quindi aumentare la probabilità di avere effetti pleiotropici
inattesi [5]. Il dibattito sul fatto che l’inserzione casuale dei geni in OGM possa causare maggiori instabilità genetiche e fenotipiche è ancora aperta [13], anche se al momento non ci sono prove certe di questi effetti.
La percezione del consumatore
Il cibo, prima di essere legato ai suoi risvolti sulla salute umana, è parte della identità culturale e sociale di una popolazione. Le biotecnologie sono poco conosciute e, forse, poco comprensibili da parte del pubblico. Per tale motivo non di rado si osserva una resistenza sociale nei confronti delle modifiche tecnologiche a cui vengono attribuiti potenziali effetti lesivi sulla salute, anche se non confermati dai dati scientifici, al momento troppo scarsi per dare giudizi conclusivi. Per quanto riguarda la percezione del consumatore riguardo la sicurezza degli OGM, bisogna constatare che la fiducia del pubblico nei confronti della sicurezza dei cibi in Europa è risultata compromessa in modo abbastanza significativo dalle tante emergenze alimentari che si sono susseguite a partire dagli anni Novanta in poi.
Sebbene le citate emergenze siano state assolutamente indipendenti dalle applicazioni bioingegneristiche alla alimentazione, questo ha portato a una richiesta pressante da parte del pubblico di potere identificare attraverso una etichettatura chiara gli alimenti che contengono OGM. I regimi regolatori relativi alla etichettatura degli alimenti GM sono stati sempre ispirati al fatto che si dovessero dare al consumatore più elementi possibile per effettuare delle scelte
consapevoli. Il cuore del dibattito sulla influenza della etichettatura degli OGM sulle scelte del consumatore è basato su due punti cruciali: trasmettere le informazioni rilevanti per la salute e fornire informazioni sui metodi di produzione.
Mentre il primo aspetto è abbastanza universalmente accettato e normato, il secondo è meno uniformemente seguito. Infatti, a fronte del fatto che tutte le autorità preposte chiedono che gli alimenti GM che vengono messi sul mercato siano sicuri al pari dei corrispettivi convenzionali, i differenti sistemi nazionali hanno approcci diversi sulla informazione relativa ai metodi di produzione. Tale aspetto sembra essere rilevante solo per la produzione mediante ingegneria genetica, mentre per altri tipi di produzione non si sente la necessità di un dettaglio dei metodi utilizzati.
La differenza tra l’approccio regolatorio statunitense e quello europeo è efficacemente spiegata nel rapporto FAO [14] nel quale i due sistemi vengono comparati e contestualizzati. Negli Stati Uniti la legge impone che le informazioni sui prodotti alimentari siano chiare e inequivocabili. Le etichette devono essere esaurienti per informare ed eventualmente avvertire il pubblico su aspetti precisi. Deve essere evitato l’eccesso di informazioni non necessarie perché ciò è ritenuto in conflitto con il diritto dei consumatori di scegliere consapevolmente, correndo il rischio di far perdere di efficacia alle informazioni essenziali che sono presenti in etichetta. Alla luce di queste posizioni, secondo la legislazione statunitense, se un alimento GM non è diverso dalla sua controparte convenzionale in termini di valore nutrizionale, composizione o sicurezza d’uso, una informazione specifica in etichetta è ritenuta inutile e, in certi casi, fuorviante. Per contro, in Europa la etichettatura è vista come un mezzo per garantire al consumatore una informazione quanto più esaustiva possibile sulle tematiche più rilevanti. L’approccio europeo dunque tenta di identificare un compromesso tra le esigenze del settore industriale, di quello scientifico e del pubblico. Per l’Unione Europea non è in discussione se riportare in etichetta la presenza di OGM, ma, semmai, come riportarlo per trasmettere una informazione comprensibile, corretta e non ingannevole.
Commenti conclusivi
L’applicazione delle moderne biotecnologie per la produzione degli alimenti offre nuove opportunità ma, parallelamente, apre anche nuove problematiche che possono interessare la salute umana, oltre che quella dell’ambiente.
Tuttavia l’esperienza indica che gli alimenti derivati dalle biotecnologie spesso sono stati sottoposti a una valutazione più rigorosa rispetto a quelli derivati da mezzi tradizionali. Per gli alimenti GM si chiede la ulteriore rassicurazione della valutazione di sicurezza d’uso dopo la messa in vendita dei prodotti (postmarket surveillance), e questo perché troppo poco ancora si conosce sugli effetti a lungo termine delle modifiche e perché la inserzione di materiale genetico può essere un processo non sempre controllato oppure con delle instabilità che possono verificarsi dopo tante generazioni. Diviene quindi quanto mai essenziale affinare gli strumenti per condurre una adeguata postmarket surveillance nella ricerca di un rapporto causale fra il consumo di alimenti GM e gli effetti sulla salute umana, soprattutto tenendo conto che spesso le ipotesi di partenza relative alle biotecnologie sono dettate da aspetti più ideologici che non da evidenze scientifiche.
Le riserve e la valutazione di opportunità della messa in commercio e diffusione degli alimenti fortificati non sono sostanzialmente diverse a seconda delle tecnologie utilizzate per la produzione di alimenti con caratteristiche innovative. La fortificazione ha ragione di essere se si dimostra prima una carenza nella popolazione bersaglio; il premarket assessment dovrebbe prevedere non solo la sicurezza d’uso dell’alimento ma anche la opportunità della sua diffusione, ovvero se la popolazione o il gruppo di popolazione a cui è rivolto ne ha realmente bisogno.
BIBLIOGRAFIA
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