La scuola italiana sta diventando sempre più digitale. Lo testimoniano le corse ai fondi messi a disposizione dal Miur per la banda larga o per l’acquisto dei tablet, gli investimenti di colossi della tecnologica, come Apple, Microsoft, Samsung, e dell’editoria, come Zanichelli, Rcs, Mondatori, Pearson, Giunti. Ma soprattutto lo dimostra il numero crescente di sperimentazioni che partono dal basso, cioè dai docenti, sulle nuove metodologie didattiche che integrano i new media e che stanno rivoluzionando alcuni aspetti della didattica e del processo di apprendimento.
Ma quali sono i potenziali vantaggi e i dubbi che accompagnano questo cambiamento? A metterli in luce sono gli studenti e i docenti stessi che in queste ore si stanno incontrando a Bergamo per condurre un vero e proprio processo alla scuola digitale all’interno di Tablet School 2, un convegno organizzato dal Centro Studi ImparaDigitale e l’Ufficio Scolastico Territoriale di Bergamo per condividere le esperienze e discutere della didattica con e senza le tecnologie, davanti a una platea di oltre 1.200 persone (sopratutto ragazzi).
Sul palco del Seminario Papa Giovanni XXIII questa mattina si sono “scontrati” trenta studenti, metà pro e metà contro l’uso dei tablet in classe e, in generale, la digitalizzazione della scuola. Se per alcuni gli strumenti digitali sono sinonimo di collaborazione, un modo per abbattere virtualmente le mura della classe e della scuola, per portare avanti progetti anche con istituti diversi, per altri significa rallentare lo svolgimento dei programmi, aumento delle distrazioni e spreco inutile di risorse.
Sono emersi soprattutto i problemi di infrastruttura: banda troppo stretta per far navigare tanti studenti contemporaneamente, programmi che crashano, app che non si aprono, pagine dei libri digitali che non si caricano. Altre questione, invece, è se con questi strumenti i ragazzi possono davvero studiare e apprendere meglio di quanto non facciano ora.
Secondo Dianora Bardi artefice del metodo ImparaDigitale in corso di sperimentazione nelle classi del Liceo Scientifico Lussana di Bergamo, il punto è ripensare completamente la didattica, trasformando il metodo di trasmissione verticale delle conoscenze (dal docente che spiega all’alunno che ascolta passivamente) in uno trasversale. “Portare la tecnologia in una classe senza trasformare il metodo di insegnamento crea danni. Dobbiamo piuttosto lavorare sulle competenze, sulle abilità e sulle risorse del singolo, per renderlo più capace di affrontare in modo adeguato le relazioni nei diversi contesti di vita e di risolvere in modo più efficace i problemi”.
Per quanto riguarda l’efficacia dell’uso dei tablet in classe, attualmente è in corso una valutazione da parte dell’Università Bocconi di Milano, che sta confrontando per la prima volta il metodo di insegnamento messo a punto da ImparaDigitale (un campione di oltre 300 studenti) con quello tradizionale.
Anche arrivare all’esame di maturità dopo aver passato un anno a creare il proprio percorso di studio attraverso un e-book non è penalizzante per Bardi. I docenti, però, devono essere preparati: “Il tablet è solo uno strumento, come la penna e il foglio. La tecnologia non è centrale, ma è un’occasione per rivoluzionare la didattica e avvicinarla alla quotidianità dei ragazzi”.
La stessa ostilità verso le innovazioni ci fu quando inventarono la stampa che si contrapponeva ai libri scritti a mano. La stampa all’epoca veniva addirittura additata come demoniaca e in alcune regioni del mondo vietata. Ma alla fine ha vinto, lo stesso mi sembra accadere con la digitalizzazione dei libri versus i libri cartacei. E’ indubbio che fa piacere tenere un vero libro in mano, come sicuramente un libro scritto a mano in un monastero nell’anno 1000 ha un fascino ineguagliabile rispetto un libro moderno in offset, ma bisogna essere pratici, la praticità col tempo aumenta la diffusione del mezzo e come i libri stampati hanno aumentato la diffusione del “libro” in assoluto, i tablet potrebbero aumentare la diffusione dei testi scolastici. E poi sono assurde quelle borse pesanti zeppe di libri ! Riguardo l’adsl è vero che non sempre ha la potenza adatta a supportare varie classi di alunni (per ora) ma avere dei libri in pdf già scaricati in un tablet non necessita di linea internet.
Mio caro Stever,
ho un figlio che si sta affacciando or ora al Liceo. Le assicuro che qualsiasi cosa in odore di digitale (smartphone e/o tablet) è SOLO ed ESCLUSIVAMENTE motivo di distrazione o svago.
Sono CERTO che il Tablet (nel caso della didattica) posso portare enormi vantaggi IN UN MONDO IDEALE.
Ma sono i ragazzi i soggetti che utilizzeranno queste tecnologie e, da che mondo è mondo, i ragazzi, soprattutto gli adolescenti, sono soggetti intrinsecamente “deboli”.
Guardi per strada, sui mezzi pubblici, al cinema, nei luoghi di ritrovo… non c’è adolescente che non sia “piegato” sul suo smartphone chattando all’amico A FIANCO!
Penso ancora che la “realtà” (il peso dei libri, l’odore della carta, le macchie di evidenziatore) sia ancora MOLTO meglio del “virtuale”… Se non fosse perchè se si strappa un foglio ci metti il nastro adesivo, se si “strappa” l’LCD ci vogliono 250€ e MESI di riparazione…
Se ritiene che sia un “arretrato” consideri il fatto che lavoro nell’informatica da 20 anni e so di cosa sto parlando…
Nessuna polemica, solo un parere diverso dal suo per amore di discussione…
Non sono pienamente in accordo con la digitalizzazione scolastica. Gli studenti hanno bisogno di “fare”, “manipolare”, … la conoscenza così acquisita rimarrà nella memoria a lungo termine. L’insegnamento può essere trasversale anche senza strumenti informatici: è sufficiente che i ragazzi siano portati ad essere protagonisti del loro apprendimento, che può essere fatto attraverso la documentazione documentale per storia, o acquisire geografia con l’aiuto del Maps offerto dal computer e il trasporto su supporto cartaceo per la rielaborazione e l’azione. L’apprendimento attraverso il concreto fa parte del” Metodo Montessori” e sperimentato dalla scrivente e posso affermare che ha una sua pratica e funzione nell’acquisizione delle competenze.