Il finale del processo a Marco Cappato non è ancora stato scritto. Ma la scelta della Corte Costituzionale, per molti, conta come una vittoria: la consulta infatti ha rimandato la decisione di un anno, chiedendo esplicitamente al Parlamento un intervento in materia. E in questo modo, ha constatato la presenza di un vuoto normativo nella legislazione italiana, ammettendo che storie come quella di Dj Fabo non possono essere giudicate come semplici casi di istigazione al suicidio.
“L’attuale assetto normativo concernente il fine vita – si legge nell’ordinanza – lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti. Per consentire in primo luogo al Parlamento di intervenire con un’appropriata disciplina, la Corte ha deciso di rinviare la trattazione della questione di costituzionalità dell’articolo 580 codice penale all’udienza del 24 settembre 2019”.
A rivendicare la decisione come una vittoria è stato, da subito, lo stesso imputato. “Il pronunciamento della Corte Costituzionale dà un anno di tempo al Parlamento per fare ciò che chiedevamo da 5 anni”, ha dichiarato Cappato. “Ora il Parlamento ha la strada spianata per affrontare finalmente il tema, e per discutere la nostra proposta di legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale, come sta accadendo nel Parlamento spagnolo”.
Simile anche l’opinione di Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Luca Coscioni e difensore di Marco Cappato, di fronte alla Corte, che ha parlato di una decisione storica, con cui la consulta evidenzia un vuoto di tutela nell’attuale ordinamento italiano e impegna il parlamento a un intervento in materia. “La corte ha dato un termine preciso al parlamento per fare una legge e se non fosse emanata interverrà con una sentenza additiva di accoglimento”, spiega a Wired Gallo. “Questa è una decisione di incostituzionalità annunciata, non dichiarata ma che sarà dichiarata tra un anno”.