Proibizionismo chiama violenza

L’applicazione di misure legali e le azioni volte a danneggiare il mercato della droga determinano un aumento degli episodi di violenza legati a tale traffico. È la conclusione di una relazione pubblicata dall’International Centre for Science in Drug Policy (Icsdp) sul British Medical Journal. Il Centro ha sede in Canada ed è costituito da una rete di scienziati, accademici e operatori specializzati impegnati nel miglioramento delle condizioni di vita delle comunità colpite dal traffico di sostanze stupefacenti. Scopo principale del centro è fornire dati concreti e linee guida che aiutino ad individuare le politiche più efficaci per contrastare il mercato della droga.

Nella relazione appena presentata, il gruppo di lavoro dell’Icsdp ha inizialmente ipotizzato che a un maggiore investimento nelle risorse per arrestare il commercio della droga corrisponda una diminuzione degli atti violenti a esso associati. Prendendo in esame un arco di tempo di ventuno anni, i ricercatori hanno individuato quindici studi scientifici in lingua inglese che affrontano questo tema, di cui tredici statunitensi e due australiani. Lo studio del materiale raccolto ha portato i ricercatori alla confutazione dell’ipotesi iniziale: tredici studi mostrano infatti un impatto negativo dell’applicazione di una legislazione di contrasto ai cartelli della droga sulla criminalità.

Come spiegare questo fenomeno? Secondo gli studiosi, l’arresto di figure chiave nel mercato della droga, per esempio, può creare dei “vuoti di potere” e scatenare un crescendo di violenza tra chi è interessato a occupare tali posizioni. E questo anche perché la politica proibizionista ha contribuito a rendere il traffico di stupefacenti un mercato del valore di 320 miliardi di dollari annui, secondo una stima delle Nazioni Unite. Infatti, come spiega Evan Wood, coordinatore del gruppo di ricerca dell’Icsdp e ricercatore al British Columbia Centre for Excellence in HIV/AIDS, una sostanza dichiarata illegale vede il suo valore aumentare vertiginosamente, e ciò alimenta attività lucrative che fanno gola tanto al crimine locale quanto a quello internazionale.

Il rapporto dell’Icsdp suggerisce quindi che i governi nazionali prendano in considerazione modelli alternativi per il controllo del commercio della droga. Già in Gran Bretagna e nello stato della California sono allo studio soluzioni per una regolamentazione appropriata delle sostanze stupefacenti, sull’esempio del Portogallo. (g.d.)

Riferimenti: doi:10.1136/bmj.c2358; International Centre for Science in Drug Policy

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