Una storia ignobile, troppo a lungo avvolta nell’oblio. E’quella dell’assoluta disumanità perpetrata nei confronti dei malati psichici e dei disabili durante il nazionalsocialismo e la conseguente omertà sull’accaduto nella Germania postbellica. La racconta la mostra Schedati, perseguitati, sterminati. Malati psichici e disabili durante il nazionalsocialismo, che attraverso fotografie, disegni, documenti ufficiali e inediti esposti per la prima volta in Italia mette in luce il complesso meccanismo organizzativo che consentì quei crimini.
Una storia che inizia nel 1934 con la sterilizzazione coatta di 400.000 cittadini tedeschi di entrambi i sessi, perché affetti da patologie mentali considerate ereditarie e incurabili. Una pratica seguita anche in altri paesi, come in Scandinavia e negli Stati Uniti, ma che solo in Germania assunse queste proporzioni.
Il passo successivo fu la deliberata e sistematica uccisione di adulti e bambini ritenuti “incurabili” e dunque un inutile peso per la popolazione tedesca: in due ondate diverse, tra il 1940 e il 1945, 200.000 cittadini tedeschi furono assassinati nelle prime camere a gas che la Germania nazista aveva costruito, o furono lasciati morire di inedia all’interno delle strutture che li ospitavano. Solo negli anni Ottanta del Novecento si inizierà ad elaborare quanto accaduto, e bisognerà aspettare il 2010 per il riconoscimento da parte della società tedesca di psichiatria della propria responsabilità.
Realizzata dalla Società Tedesca di Psichiatria (DGPPN) la mostra inaugurata oggi al Vittoriale di Roma è arricchita di una sezione curata dal Comitato Storico Scientifico della Società Italiana di Psichiatria che riassume e analizza le responsabilità della psichiatria italiana durante l’epoca fascista. La Sip fu sempre contraria all’uccisione dei malati ma, sotto la Presidenza di Arturo Donaggio, fu l’unica società scientifica a legittimare le leggi razziali del 1938. E negli ultimi anni del conflitto circa 30.000 persone ricoverate negli ospedali psichiatrici italiani persero la vita a causa dell’inedia e dell’abbandono. Molti gli aspetti analizzati: dalla situazione dei manicomi italiani dopo la prima guerra mondiale, all’adesione della psichiatria ufficiale all’ideologia fascista, fino alle deportazioni di pazienti dagli ospedali psichiatrici del Nord Italia verso la Germania.
La mostra è allestita nella Sala Zanardelli del Vittoriano fino al 14 maggio prossimo, ma nel corso del 2017-2018 farà tappa anche a Bolzano, Venezia, Genova e Milano.