Raramente si scrive di chimica, disciplina che sembra per qualche motivo penalizzata dalla divulgazione scientifica a scapito delle più gettonate biologia e fisica. E dunque è interessante osservare il modo in cui Marco Malvaldi, scrittore apprezzato di gialli ma chimico di formazione, si destreggia per introdurci nel suo mondo evitando il tradizionale “didattichese”. Le sue non-scuse per l’introduzione necessaria di formule abbastanza semplici fanno parte del gioco di complicità tra chi scrive e chi legge e invitano, magari implicitamente, a prendere appunti per seguire meglio il filo del discorso. Talvolta, però, certe familiarità con il lettore non alleggeriscono i contenuti, piuttosto deviano l’attenzione dai non facili ragionamenti necessari a comprendere argomenti complessi.
Marco Malvaldi
L’architetto dell’invisibile, ovvero come pensa un chimico
Raffaello Cortina Editore – Scienza e idee, 2017
pp. 206, € 19,00
L’indispensabile carrellata storica da Lucrezio fino ai giorni nostri passando per Avogadro e il suo famoso “numero” aiuta a prendere confidenza con il mondo degli atomi, finalmente ben disposti nelle appropriate caselle della tavola periodica. Ma per spiegare come gli atomi possono legarsi insieme a formare molecole si abbandonano i tradizionali “stecchini” di valenza e si citano le intuizioni di Pauling espresse nella sua Valence Bond Theory. Per descrivere le probabilità della disposizione degli elettroni nei loro vari livelli energetici si rappresentano gli orbitali e, per capire la dipendenza reciproca della posizione di due elettroni rispettivamente molto vicini ai propri nuclei, si ricorre alla moderna funzione d’onda definita dall’equazione di Schrödinger. Riprendendo le parole di Feynman, secondo cui nessuno capisce la meccanica quantistica, l’autore strizza l’occhio ai lettori: seppure il risultato della spiegazione risultasse incomprensibile ai più, Malvaldi non avrebbe potuto fare di meglio. Davanti a una simile affermazione, come dovranno comportarsi i lettori? Alcuni accetteranno volentieri queste scuse, e supereranno così i sensi di colpa per non essere riusciti a seguire il filo del ragionamento, altri saranno probabilmente indispettiti davanti a una spiegazione che non spiega e che deve essere accettata come dato di fatto, altri – pochissimi – andranno a studiare sui testi sacri quello che qui è sintetizzato in poche righe.
Ma la chimica è scienza delle trasformazioni: gli atomi si legano a formare molecole e le domande del chimico riguardano adesso proprio il comportamento delle molecole. Come funzionano gli orbitali molecolari e come si muovono nello spazio queste strutture energeticamente stabili? Come si formano nuove molecole? Il discorso diventa difficile e ancora una volta le spiegazioni “facilitate” non sempre sono sufficienti a chiarire concetti fondamentali, come ad esempio quelli che concernono le due grandezze energia ed entropia nelle loro complesse relazioni. Kenichi Fukui è stato il primo a supporre che le reazioni chimiche potessero essere rappresentate come un trasferimento di elettroni tra orbitali di molecole diverse. Ma in chimica niente succede a caso: devono essere rispettate regole che riguardano sia la differenza di energia tra gli orbitali dei reagenti sia alcune fondamentali regole di simmetria; le nuove concezioni di Fukui hanno sconvolto non poco l’immaginario costruito nel tempo dalla chimica tradizionale.
Componendo molecole-monomeri in sequenze molto lunghe si entra nel regno dei polimeri e, in particolare, delle materie plastiche. La complicata struttura di catene lineari dà conto di particolari proprietà, come la viscosità e l’elasticità della gomma naturale; casuali e impreviste modificazioni chimiche di questo materiale hanno trasformato in salde reti tridimensionali le strutture lineari originarie ed hanno permesso lo sviluppo industriale sia della gomma vulcanizzata sia dei materiali lubrificanti, legando strettamente le conoscenze chimiche al sistema economico.
Nelle ultime pagine del volume troviamo anche delle riflessioni di tipo filosofico, che commentano il divario che sempre esiste tra i dati percettivi su cui basiamo le nostre umane conoscenze e la sostanzialmente inconoscibile vera verità del reale. La scienza ha la possibilità di elaborare previsioni e inferenze che riguardano il futuro; dal suo punto di vista la chimica, scienza sperimentale, può conoscere le regole che governano alcuni fenomeni possibili e cercare di prevederli, sottraendosi tuttavia all’ambizione di ottenere una conoscenza esaustiva e completa della “vera realtà”.
Un indice analitico e una breve bibliografia ragionata, a livello informativo e in italiano per chi vuole saperne di più, e a livello formativo – in inglese – per chi ha una buona formazione scientifica, concludono il volume.