Non sarà imprevedibile come i dinosauri clonati dall’ambra di Jurassic Park, ma di sicuro la pianta vecchia di 32 mila anni germogliata nel Soil Cryology Laboratory di Mosca avrà molto da raccontare agli scienziati. I semi di Silene stenophylla rinvenuti nel sottosuolo della tundra siberiana hanno infatti conservato intatto il dna racchiuso al loro interno: una finestra spalancata sulla storia evolutiva delle specie vegetali. E pensare che il record di antichità era detenuto da una palma di soli duemila anni. Una bella soddisfazione per il gruppo di ricercatori coordinati dal geoecologo David Gilichinsky, che ha pubblicato uno studio sulle pagine di Pnas.
Come racconta il New York Times, è un fatto abbastanza comune che gli scienziati si imbattano in semi antichi e siano presi dal desiderio di farli germinare. La curiosità di vedere come si sviluppa una pianta dal codice genetico vecchio di decine di migliaia di anni trasmette sempre una certa emozione.
È un po’ come trovare un vecchio film abbandonato negli scaffali di un archivio e guardarlo per la prima volta dopo tanto tempo. Con l’unica differenza di poter conoscere l’età precisa dei semi attraverso unaetichetta particolare, quella fornita dalla datazione con i radioisotopi del carbonio. Sono vecchi di 32 mila anni, millennio più, millennio meno. Insomma, coetanei dei mammut e rinoceronti lanosi che popolavano la regione siberiana durante l’ultima glaciazione.
Vista l’età dei semi di Silene, gli scienziati erano abbastanza scettici sul fatto di poterli far germogliare semplicemente piantandoli nel terreno. La lunga permanenza nella tana degli scoiattoli lasciava poche speranze di resuscitare il materiale vegetale. Sebbene fossero stati rinvenuti più di 600mila piccoli frutti, era necessario qualcosa di più del semplice paleo-giardinaggio.
Così, il team di Gilichinsky ha pensato di prendere una scorciatoia e di prelevare alcune cellule contenute nella placenta (un organo del frutto dove sono conservati gli ovuli) e di trapiantarle in una piastra da laboratorio addizionata con ormoni vegetali. Si tratta di una tecnica che viene utilizzata spesso per riprodurre le piante, visto che le loro cellule sono in grado di dare vita a cloni perfetti dell’organismo originale.
Così, grazie al mix di ormoni e sostanze nutritive, l’equipe russa è riuscita a far sviluppare ben 36 piante. A prima vista, i fossili viventi apparivano del tutto simili ai pronipoti di Silene che vivono tutt’oggi in quelle zone, ma al momento della fioritura le cose sono cambiate. Le creature plurimillenarie hanno mostrato qualche differenza nella forma del fiore e, soprattutto, i loro semi germinavano nel 100% dei casi.
Un bel record per un fossile vivente, tanto da spingere gli scienziati a ipotizzare che in certe condizioni le piante dell’era glaciale potrebbero prendere il sopravvento su quelle dell’età moderna. Visto il progressivo assottigliamento dello strato di permafrost, non è affatto improbabile che altri semi fossili possano riattivarsi e invadere nuovamente la Siberia.
via wired.it
Credit immagine: The Institute of Cell Biophysics of the Russian Academy of Sciences