Raffreddare un gas per mezzo di un campo magnetico. A riportare il primo esperimento che ci sia riuscito è l’edizione di novembre della rivista Nature Physics, in un articolo che porta la firma di un ricercatore italiano, Marco Fattori, che lavora presso l’Università di Stoccarda in Germania.
La refrigerazione magnetica è una tecnologia di raffreddamento che sfrutta l’effetto magnetocalorico per raffreddare materiali solidi fino a temperature al di sotto del grado Kelvin, cioè prossime allo zero assoluto. Il principio si basa sull’esposizione dei materiali a campi magnetici variabili che portano ad una netta diminuzione dell’energia cinetica delle singole particelle e al conseguente raffreddamento del materiale.
“Una sostanza paramagnetica” ci spiega Marco Fattori “è costituita da particelle munite di un momento di dipolo magnetico che tende ad allinearsi con il campo magnetico esterno, esattamente come farebbero tante piccole calamite. Quando il campo magnetico esterno è molto grande, ogni dipolo è allineato a tale campo e la sostanza è completamente magnetizzata. Ma se riduciamo l’intensità del campo può accadere che i dipoli per agitazione termica si disallineino. Questo processo richiede una certa energia che è sottratta all’energia cinetica o vibrazionale delle particelle che risultano quindi rallentate. Di conseguenza la sostanza si smagnetizza e si raffredda”.
I principi fondamentali della refrigerazione magnetica furono suggeriti per la prima volta da Debye e Giaucque nel corso degli anni Venti, e i primi refrigeratori furono costruiti già a partire dal 1933. Tuttavia fino ad oggi la refrigerazione magnetica, conosciuta anche come smagnetizzazione adiabatica, è stata utilizzata esclusivamente nella fisica dello stato solido per raggiungere temperature criogeniche inferiori al grado Kelvin. Nei solidi il processo di raffreddamento agisce principalmente a livello del reticolo cristallino, convertendo l’energia cinetica delle particelle in energia magnetica, con conseguente abbassamento della temperatura.
Nei gas invece il processo di refrigerazione magnetica è decisamente più complicato. Anche se il funzionamento del meccanismo non cambia passando dai solidi ai gas, il processo richiede infatti che i dipoli della sostanza interagiscano disallineandosi rispetto al campo magnetico esterno. Cosa altamente improbabile nei composti volatili. “Fino ad oggi” commenta Marco Fattori “i gas realizzabili in laboratorio non avevano densità sufficientemente elevate e dipoli abbastanza grandi per rendere questo processo possibile. Il gas di atomi di Cromo che invece utilizziamo soddisfa per la prima volta tali requisiti. Gli atomi hanno infatti un momento magnetico di dipolo sei volte più grande rispetto agli altri gas comunemente raffreddati”.
Secondo i ricercatori, oltre agli atomi di Cromo-52 utilizzati nell’esperimento, molti altri gas in futuro potrebbero essere utilizzati nel processo di smagnetizzazione adiabatica. Questo consentirebbe di raggiungere temperature prossime allo zero assoluto anche nei composti volatili, con nuovi possibili sviluppi nelle tecnologie di refrigerazione.
Tuttavia non si sbilancia Marco Fattori su quelle che saranno le possibili applicazioni future di questa nuova tecnologia. “E’ difficile prevedere una applicazione importante al momento, visto che esistono altre tecniche di raffreddamento per gas atomici” ha dichiarato “Forse in futuro tale tecnica potrà risultare maggiormente utile per gas molecolari dove tecniche di raffreddamento efficienti non sono state messe ancora a punto”.