Resistenza agli antibiotici, una storia da 30.000 anni

La resistenza agli antibiotici, uno dei fenomeni più discussi nella medicina contemporanea, affonda le sue radici nell’antichità e risale ad almeno 30.000 anni fa. La scoperta, avvenuta nei laboratori della McMaster University di Hamilton (Canada), getta nuova luce sui meccanismi di resistenza alle sostanze antibiotiche, descrivendoli per la prima volta come fenomeni antichi, piuttosto che strettamente connessi all’uso dei farmaci odierni.

“La resistenza agli antibiotici è sempre stata vista come un fenomeno puramente contemporaneo”, ha spiegato Gerry Wright, autore principale dello studio pubblicato su Nature e direttore scientifico dell’Istituto Michael G. DeGroote per la Ricerca sulle Malattie Infettive. “Oggi è un fatto assodato che i potenti farmaci antibiotici sviluppati dalla scienza nel corso dell’ultimo secolo stiano diventando sempre meno efficaci a causa di una resistenza diffusa. A lungo gli scienziati si sono sorpresi della velocità di reazione dei batteri, ma il punto è un altro: da dove ha origine questa loro straordinaria capacità di resistere?”.

Per rispondere a questa domanda, Wright e Hendrik Poinar, genetista alla McMaster University, hanno esaminato campioni di terreno permanentemente ghiacciato (permafrost) di oltre 30.000 anni fa, prelevati dalle montagne dello Yukon, il Territorio Nord-Occidentale del Canada. Grazie all’utilizzo di avanzate tecniche di biologia molecolare, i ricercatori sono riusciti a isolare piccoli segmenti di Dna antico. Hanno quindi osservato la presenza di geni resistenti agli antibiotici insieme ad altre molecole di Dna di animali antichi, come mammut e bisonti. Lo stesso esperimento è stato ripetuto per il regno vegetale su piante presenti nello Yukon solo durante l’ultimo periodo interglaciale dell’era del Pleistocene (dunque almeno 30.000 anni fa). Il risultato è stato lo stesso: il Dna vegetale conteneva già allora geni di resistenza agli antibiotici.

Lo studio si è focalizzato soprattutto sulla resistenza alla vancomicina, un farmaco antibiotico il cui diffuso utilizzo contro le infezioni da Staphylococcus aureus ha contribuito allo sviluppo di ceppi particolarmente resistenti di tale batterio. Queste resistenze, considerate un importante problema clinico fin dagli anni Ottanta, continuano ancora oggi a essere associate a livello mondiale alla diffusione di epidemie di infezioni contratte in ambito ospedaliero. “Per completare l’esperimento – hanno spiegato i ricercatori – abbiamo ricreato il gene di resistenza in laboratorio, purificato la sua proteina e mostrato che aveva la stessa attività e la stessa struttura di oggi”. Si è trattato della seconda volta in cui una proteina antica è stata “rimessa in vita” in un laboratorio.

Secondo Wright, la scoperta avrà un impatto significativo sulla comprensione dei processi di resistenza ai farmaci antibiotici. “Gli antibiotici esistono in natura e sono parte dell’ecologia del nostro pianeta”, ha commentato il ricercatore. “Quando pensiamo di aver sviluppato qualche farmaco miracoloso che non sia suscettibile alla resistenza, ci stiamo semplicemente prendendo in giro. E dobbiamo stare incredibilmente attenti al modo in cui usiamo queste sostanze: i microorganismi hanno messo a punto strategie per aggirarne gli effetti molto prima che noi umani capissimo come utilizzarle”. Il prossimo obiettivo di Wright e colleghi è andare ancora più in profondità nel permafrost (e indietro nel tempo) e vedere se la resistenza agli antibiotici esisteva già un milione di anni fa.

Riferimento: Nature doi:10.1038/nature10388

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