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Rettili e mammiferi, legami di cuore

Come si evoluto il nostro cuore? Come si è arrivati alla completa separazione in due ventricoli e due atri degli uccelli e dei mammiferi, che consente la sopravvivenza degli animali a sangue caldo? Una risposta arriva da Gladstone, con la scoperta del primo link genetico tra l’evoluzione del cuore umano e quello dei rettili.

Si tratta del gene Tbx5, che codifica per un fattore di trascrizione: una proteina, cioè, che accende o spegne altri geni e che ha un ruolo chiave nella formazione del cuore di tartarughe, lucertole e mammiferi.

Una mutazione di Tbx5 nell’essere umano provoca problemi cardiaci, guarda caso proprio a carico del setto che divide i due ventricoli. Partendo da questa informazione e studiando l’espressione del gene nei rettili, Benoit Bruneau del Gladstone Institute of Cardiovascular Disease (Gicd) – primo autore dell’articolo che ha conquistato la copertina di Nature di questa settimana -, ha scoperto che è proprio Tbx5 a promuovere la formazione del setto interventricolare.

Da un punto di vista evolutivo il cuore dei rettili è molto interessante: si passa dalle lucertole con un solo ventricolo (come gli anfibi), alle tartarughe che presentano due ventricoli separati solo parzialmente da un abbozzo di setto. I ricercatori hanno monitorato i livelli della proteina Tbx5 nella lucertola verde e in una tartaruga. Nello stadio embrionale, il livello è lo stesso in entrambe le specie; ma, mentre nella lucertola rimane costante fino allo sviluppo completo dell’animale, nella tartaruga diminuisce gradualmente e in modo diverso nelle due parti – destra e sinistra – del muscolo cardiaco, generando un gradiente di concentrazione. Nei mammiferi, invece, il confine tra i livelli (alto a destra e basso a sinistra) di proteina durante lo sviluppo è netto, e segna il punto esatto in cui si forma il setto.

La conferma del ruolo decisivo di Tbx5 nella formazione dei due ventricoli arriva dai topi: le cavie geneticamente modificate per esprimere basse quantità della proteina (le stesse della tartaruga) non presentano la divisione e muoiono giovani. (a.d.)

Riferimento: doi:10.1038/nature08324

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