Dopo un trauma osseo, le donne necessitano di tempi più lunghi, rispetto agli uomini, per recuperare funzionalità e tono muscolare. Uno studio, condotto in tandem dalle Università di Ohio e Florida e pubblicato su Archives of Physical Medicine and Rehabilitation, sta cercando di spiegarne il perché.
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), il 50 per cento delle donne subisce almeno una frattura all’osso nel corso della vita. Le donne sono inoltre quattro volte più soggette degli uomini a fratture degli arti che richiedono immobilizzazione e ingessatura. Ma la differenza di genere più grande sta nella capacità di recuperare il tono muscolare, anche seguendo i cicli riabilitativi di routine.
I ricercatori hanno disegnato un protocollo sperimentale per stabilire le cause di queste differenze. Come riporta Brian Clark, coordinatore dello studio, l’origine può essere di natura nervosa o muscolare. P valutare entrambi gli aspetti hanno effettuato due tipi di misurazioni ad-hoc. Cinque donne e cinque uomini si sono sottoposti a un’ingessatura al polso (in assenza di frattura) per tre settimane: la forza muscolare è stata misurata prima dell’applicazione del gesso, con cadenza settimanale durante il periodo di immobilizzazione e una settimana dopo la fine del bloccaggio. Lo stesso paradigma è stato adottato per l’attività nervosa, rilevata attraverso stimolazione elettrica dei muscoli del polso.
Risultato: i ricercatori non hanno registrato differenze significative tra maschi e femmine nella riduzione della forza muscolare e della capacità del sistema nervoso di attivare la muscolatura. Tuttavia, a una settimana dal termine dell’esperimento, la forza muscolare rimaneva, nelle donne, inferiore del 30 per cento rispetto alla norma (l’attività nervosa era invece perfettamente recuperata e del tutto comparabile con quella degli uomini).
“Occorre cautela nell’interpretare i risultati, dato il basso numero di soggetti coinvolti nell’esperimento,” hanno commentato gli autori, “ma è certo che le terapie riabilitative devono essere ripensate tenendo in considerazione le differenze anatomico-funzionali tra i due sessi”. (i.n.)