HomeAmbienteRiuscirà la Cina a liberarsi dal carbone?

Riuscirà la Cina a liberarsi dal carbone?

di
Daniela Patrucco

In Cina le emissioni in atmosfera sono in gran parte associabili all’utilizzo del carbone, fonte primaria per la produzione di energia elettrica. Secondo il report elaborato dall’Energy Transition Research Institute e pubblicato su Scientific American, gli obiettivi di riduzione delle emissioni dell’intero pianeta non potranno essere raggiunti senza il contributo della Cina. Desta pertanto grande preoccupazione la progettazione di nuove e imponenti reti elettriche che, per le loro caratteristiche, sembrano prevedere l’uso del carbone anche in futuro. I dubbi e le preoccupazioni americane trovano conferma in uno studio elaborato dall’Accademia cinese per la pianificazione dell’ambiente, il think tank che fornisce supporto scientifico al Ministero della protezione ambientale.

Secondo quanto si legge nel rapporto, in Cina la combustione del carbone è responsabile del 90%, 70% e 60% delle emissioni rispettivamente di SO2, NOx e PM10 primario. Sebbene gli interventi per eliminare lo zolfo e i suoi composti dai gas di scarico messi in atto nel periodo 2005-2010 abbiano consentito di abbattere del 14% le emissioni di SO2, nello stesso periodo si è registrato un incremento del 35% dell’uso del combustibile fossile; ragione per cui alcuni studi hanno indicato in 10 milioni di tonnellate metriche (MMT) la riduzione di S02 e NOx necessaria per raggiungere livelli accettabili di qualità dell’aria.

La strategia elaborata dagli scienziati dell’accademia cinese per il periodo 2010-2015 si articola su tre sfide cruciali. La prima è l’adozione di tecniche di trattamento e lavaggio del carbone che, secondo i ricercatori, dovrebbe portare al livello delle nazioni sviluppate (70%) l’uso del cosiddetto “carbone pulito”. Il carbone grezzo in Cina è infatti di bassa qualità e solo il 30% viene “lavato”. La seconda è la riduzione del numero degli impianti a carbone per uso industriale; una strategia già attuata negli Stati Uniti dove l’abbattimento da 169 milioni di tonnellate metriche (MMT) a 63, avvenuto dal 1970 al 2010, ha comportato una diminuzione delle emissioni di SO2 del 70%. “Una grande parte delle 500mila caldaie presenti in Cina sono già state eliminate e la regione di Beijing ha annunciato un piano di riduzione del consumo annuo di carbone, dalle 26 MMT del 2010 a 20 MMT entro il 2015” ha spiegato Yu Lei, co-autrice dello studio, che ha aggiunto: “Sebbene al momento non ci sia un impegno preciso da parte del governo centrale, alcuni governi locali vanno nella stessa direzione da noi proposta”.

La terza sfida, per centrare l’obiettivo “inderogabile” di riduzione delle emissioni stabilito dal governo centrale cinese (8% SO2, 10%NOx), prevede l’imposizione di un tetto al consumo di carbone a livello regionale, così da frenare il desiderio di sviluppo economico di alcuni governi locali, perseguito attraverso la crescita delle industrie energivore di cemento, ferro e acciaio. “Il carbone rimane la fonte energetica principale”, ha confermato Yu Lei, “ma il settore cinese della produzione di energia sta cercando con forza di promuovere l’efficienza energetica e l’uso delle tecnologie di controllo delle emissioni degli impianti”.

Riferimenti: Environmental Science and Techonology DOI: 10.1021/es301226n

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