Robot in aiuto della terapia per l’autismo infantile

Credits: TecO, humanoid robot
Credits: TecO, humanoid robot
Credits: TecO, humanoid robot

Difficoltà di linguaggio e di comunicazione e un’apparente difficoltà di contatto emotivo sono i sintomi principali dell’autismo, una patologia, o meglio uno spettro di disturbi, tuttora di difficile comprensione e identificazione. Negli ultimi anni comunque il progresso tecnologico nel campo della robotica e dell’intelligenza artificiale sta venendo in soccorso alla terapia tradizionale, fornendo una serie di nuovi sistemi in grado di supportare in modo efficace le equipe mediche e gli educatori. Per aiutare i bambini che soffrono di questo disturbo, e manifestano una particolare difficoltà nell’esprimere emozioni e interagire con adulti e coetanei, un gruppo di ricerca del TEC di Monterrey, Messico, ha sviluppato infatti un automa munito di particolari capacità. Si tratta di TecO, un robot dalle sembianze di un orsetto che rileva i segnali neurali captati mediante elettrodi posizionati sulla testa del bambino. Grazie ad un amplificatore e ad algoritmi di intelligenza artificiale, TecO è in grado di tradurre questi dati in informazioni che vengono fornite a neuropatologi e neurologi, consentendo di costruire un prezioso archivio che può essere utilizzato come base per lo sviluppo di modelli per l’interpretazione delle sue dinamiche e delle cause del disturbo autistico.

Come avviene invece l’interazione tra TecO e il bambino? E com’è possibile misurare l’eventuale progresso di questa interazione? Secondo i ricercatori, il primo fattore da tenere in conto è il numero di reazioni del viso agli stimoli, che, grazie a TecO, possono essere registrate grazie ad un sistema di fotocamere.

Utilizzando la visione artificiale, quindi, il robot è in grado di riconoscere specifiche intenzioni o emozioni partendo dall’analisi delle espressioni del viso; in questo modo, TecO può modificare le proprie azioni in modo da interagire col bambino. Ad esempio, se viene rilevata tristezza, TecO modifica l’espressione del proprio volto artificiale, producendo un sorriso in modo da contrastarla, e registrando poi gli effetti di questa nuova azione sul bimbo.

Un sistema con finalità molto simili, ma molto meno invasivo, visto che non prevede l’utilizzo di elettrodi o altri sistemi di acquisizione dati, è Ask NAO, prodotto da Aldebaran Robotics: solo in apparenza un robot giocattolo, in realtà è un sofisticato strumento utilizzabile per stimolare l’attenzione di classi di studenti in specifiche applicazioni educative.

Ask NAO può essere utilizzato per supportare i bambini, aiutandoli a trovarsi più a loro agio nelle attività scolastiche e migliorando la loro confidenza nel rapporto il docente. Può inoltre essere adattato per manifestare una personalità che incontri il più possibile le esigenze del bambino.

In generale, lo sviluppo e la validazione di sistemi robotici per il supporto ai bambini con ASD (Autism Spectrum Disorder) costituiscono un campo di ricerca in rapida crescita negli ultimi anni: risulta comunque chiaro che, in nessuna delle applicazioni descritte, l’intelligenza artificiale si sostituisce al medico o all’operatore umano: essa viene impiegata unicamente come ausilio per la terapia o per l’attività didattica.

Come illustrato in questo articolo dei ricercatori Emilia Barakova (Eindhoven University of Technology) e Tino Lourens (TiViPE), in effetti l’educazione di bambini con ASD è una classica applicazione in cui, al fine di trovare strumenti e soluzioni efficaci, è necessario combinare avanzati algoritmi di intelligenza artificiale, metodi e modelli ispirati dalla biologia e intelligenza umana.

Si tratta, in fatti, di un caso esemplificativo del cosiddetto dual user problem, in cui da una parte c’è uno specialista che utilizza uno strumento per accrescere la propria esperienza in un campo specifico, e dall’altra un client (in questo caso, un paziente) che tradizionalmente è assistito unicamente dallo specialista, e nel nuovo scenario interagisce anche con un robot.

In questi scenari, i robot devono esibire un comportamento tale da rafforzare l’efficacia della terapia, e allo stesso tempo interagire efficacemente il paziente: sebbene si tratti di compiti correlati, essi richiedono abilità e funzioni differenti, che devono essere entrambe gestite tramite gli algoritmi eseguiti dall’automa.

Pertanto la ricerca della risposta alla questione relative al come i comportamenti di bambini autistici possano trarre beneficio dall’impiego dei robot prevede una collaborazione tra team con competenze molto diverse: terapisti, ingegneri robotici, sviluppatori software, e ricercatori nel campo dell’interazione uomo-macchina.

Questa collaborazione, se da una parte può generare risultati di interesse per l’applicazione specifica del training o del supporto ai pazienti con bisogni speciali, dall’altra può consentire la raccolta di una gran quantità di dati e informazioni utili a comprendere meglio in generale le dinamiche dell’interazione tra umani e a modellare in modo più efficace i processi cognitivi coinvolti.

Producendo, in tal modo, significativi avanzamenti anche nel settore dell’intelligenza artificiale e della robotica applicata.

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