Roopkund: nel lago degli scheletri anche migranti dal Mediterraneo

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Credit: ATISH WAGHWASE

Quando non sono ghiacciate, solo per pochi giorni all’anno, le acque limpide del lago Roopkund sull’Himalaya indiano rivelano un inquietante segreto: 200 scheletri umani giacciono sul fondo. Una tomba a cielo aperto conosciuta anche con il nome di “Lago degli Scheletri”, che da tempo solletica l’interesse dei ricercatori. Chi erano quelle persone? Quando e come sono morte? Uno studio condotto da un team internazionale di scienziati e pubblicato su Nature Communications risponde a queste domande a partire dall’analisi del DNA estratto dai reperti, confermando che Roopkund ha ancora molto da raccontare. I risultati contraddicono infatti la più accreditata ipotesi sull’origine degli scheletri, e rivelano un particolare sorprendente: i resti appartengono infatti a persone migrate da aree geografiche differenti, compreso il bacino del Mediterraneo.

Roopkund, il lago dei misteri

Il mistero del Lago degli Scheletri inizia nel 1942. Fu un ranger britannico ad imbattersi casualmente nelle ossa, e tornato sul posto in un secondo momento si rese conto gli scheletri erano circa duecento. Da allora, sull’identità e sulla fine atroce di questi individui si rincorrono le più disparate ipotesi. All’inizio si pensò che fossero soldati giapponesi in fuga dall’India; dopotutto, erano gli anni della guerra mondiale. Ma in verità, come si scoprì poco dopo, gli scheletri erano molto più antichi e furono datati intorno all’850 d.C. Nel 2004, una missione del National Geographic sembrava aver chiarito la questione una volta per tutte: gli scheletri dovevano appartenere a un gruppo di persone morte tutte insieme, forse a causa di una violenta grandinata.

Cosa hanno scoperto

E invece, le cose potrebbero essere più complicate di così. È quanto emerge dall’analisi del DNA di 38 individui. Gli scheletri di Roopkund appartengono ad almeno tre gruppi distinti: alcuni originari dell’attuale India, altri arrivati dal Mediterraneo orientale (le attuali Creta e Grecia) e dal sud-est asiatico. Non è chiaro, tuttavia, cosa ci facessero lì né perché il lago di Roopkund attirasse visitatori da paesi tanto lontani.

La seconda novità riguarda le tempistiche. Non morirono tutti insieme, ma con uno stacco di ben 1.000 anni tra i due maggiori gruppi genetici. I primi sarebbero stati gli indiani, tra il settimo e il decimo secolo. Mentre gli altri due, quelli provenienti dal Mediterraneo e dal sud-est asiatico, sarebbero arrivati al lago Roopkund tra il diciassettesimo e il ventesimo secolo. Se i ricercatori hanno potuto correggere il tiro rispetto alle precedenti spedizioni, è stato grazie a tecniche biomolecolari avanzate, come la datazione col radiocarbonio. Una tecnica che misura la quantità del carbonio-14, un isotopo radioattivo del carbonio che dal momento della morte si riduce regolarmente nell’organismo, dimezzandosi ogni 5.730 anni.

Nuovi enigmi

Lo studio ha risposto ad alcuni interrogativi, ma ne ha sollevati altri. Ancora adesso, non conosciamo la causa delle morti, anche se possiamo ormai affermare con una certa sicurezza che si sia trattato di eventi multipli, separati nel tempo. Viene anche da chiedersi come e perché gruppi di persone originarie del Mediterraneo orientale si trovassero sugli altopiani dell’Himalaya solo poche centinaia di anni fa. Domande a cui forse potremmo rispondere in futuro, grazie ai nuovi strumenti di analisi biomolecolare che ci aiutano a far luce sul nostro passato.

Riferimenti: Nature Communications

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