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Rubbia conferma: neutrini non più veloci della luce

di
Tiziana Moriconi e Lorenzo Mannella

Ormai, tra conferme e smentite, non si riesce quasi a star dietro ai neutrini, che siano o no più veloci della luce. L’ultimo risultato arriva sempre da un esperimento dei Laboratori nazionali del Gran Sasso (Infn): le sfuggenti particelle avrebbero al massimo la stessa velocità dei fotoni. I risultati di Opera non sarebbero corretti e Albert Einstein potrebbe dormire sonni tranquilli (o quasi). La misura arriva da Icarus, il programma di ricerca guidato dal premio Nobel Carlo Rubbia che riesce a catturare le interazioni dei neutrini con la materia grazie a un gigantesco rilevatore. Per ora si tratta di un articolo presentato dai ricercatori in preprint sul sito arXiv (e quindi non ancora sottoposto al classico vaglio della comunità scientifica), ma nel campo della fisica delle particelle continua il fermento.

 
Ricapitoliamo la storia. Secondo i primissimi risultati (quelli diffusi lo scorso settembre dal Gran Sasso), i fasci di neutrini avrebbero percorso la distanza tra il Gran Sasso e il Cern di Ginevra con almeno 60 nanosecondi di vantaggio sulla luce. Un dato impressionante, annunciato con molta cautela e che ha sollevato un polverone. Poi sono arrivati i primi dubbi dagli stessi ricercatori di Opera, dovuti principalmente a un possibile errore di sincronizzazione degli orologi atomici che scandivano i tempi dell’esperimento. Ed eccoci ora agli ultimi dati sulla velocità di queste ormai popolarissime particelle.
 
Icarus è l’altro esperimento del Gran Sasso, oltre a Opera, realizzato appositamente per studiare i neutrini lanciati dal Cern”, spiega Antonio Masiero, vicepresidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn): “Sono molto diversi tra di loro, ma hanno la stessa finalità: misurare le oscillazioni di queste particelle, che arrivano sempre a entrambi i rivelatori”. Icarus, in particolare, si serve dello speciale Liquid Argon (LAr) detector, basato su una tecnologia tutta italiana proposta dallo stesso Rubbia e colleghi nel 1977, un fiore all’occhiello della nostra fisica che viene invidiato parecchio dagli altri laboratori. È composto di due grandi moduli da quasi 280 metri cubi riempiti con 760 tonnellate di argon liquido (mantenuto a temperature molto basse) e in cui è presente un campo elettrico uniforme. L’argon è usato come un bersaglio, e quando una particella colpisce i suoi nuclei il sistema è in grado di generare una corrente elettrica in tre serie di fili, e l’evento può essere ricostruito in 3D.

Quando Opera per la prima volta ha deciso di misurare la velocità dei neutrini (oltre all’oscillazione), Icarus non si era ancora attrezzato per fare altrettanto. Ma la seconda volta sì. “Icarus ha utilizzato quello stesso fascio – fatto a pacchettini stretti di neutrini – predisposto dal Cern proprio per eseguire la prova del nove dei primi dati di Opera. Ha analizzato 7 eventi e il responso è che queste particelle vanno alla stessa velocità della luce.


Proprio ora, inoltre, dei neutrini sono in viaggio tra il Fermilab (Chicago) e l’esperimento Minos (in una miniera a 730 km di distanza dal centro di ricerca). Che ci darà presto anche la sua misurazione.

via wired.it
 

Credit immagine: Infn

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