Salvavita da Formula 1

    Pilota di Formula 1: una carriera sicuramente sognata da molti, che porta fama e ricchezza. Ma anche non pochi rischi. Gli sportivi ricorderanno i numerosi incidenti mortali che anno segnato questo sport uccidendo via via campioni come Gilles Villeneuve e Ayrton Senna. E facendo correre brividi nella schiena a tanti altri piloti. Senza andare troppo indietro nel tempo, basta ricordare l’incidente di Michael Schumacher durante il Gran Premio di Inghilterra l’11 luglio scorso: la sua Ferrari (http://www.ferrari.it) si è schiantata contro il muretto ad oltre 100 chilometri orari, e il campione tedesco ha riportato una frattura alla gamba. Un tipo di incidente che soltanto qualche anno fa non avrebbe dato scampo. Merito anche delle regole di sicurezza dettate e rinnovate di stagione in stagione dalla Federazione internazionale automobilismo (Fia, http://www.fia.com). Regole che tutte le scuderie devono rigorosamente osservare. Così, in un mondo di alta tecnologia come quello della Formula 1, una buona parte della ricerca è indirizzata anche verso la sicurezza dei piloti.

    E i risultati si vedono. Dal 1963 a oggi, infatti, la percentuale degli incidenti gravi è sensibilmente diminuita: dal 1968 al 1972 si sono avuti 88 incidenti nei quali hanno perso la vita quattro piloti e tre sono rimasti seriamente infortunati. Dal 1988 al 1992, invece, nessuno dei 218 incidenti accaduti ha provocato vittime e solamente due piloti si sono infortunati gravemente.

    “Qualche anno fa un’uscita di pista di quel genere avrebbe procurato alla monoposto e al pilota danni notevolmente maggiori”, sostiene Gustav Brunner, direttore tecnico del team Minardi (http://www.minardi.it) ed ex componente dello staff Ferrari, ricordando l’incidente occorso a Schumacher. La vettura, infatti, grazie al doppio sistema frenante che rende autonomi i freni anteriori da quelli posteriori, in appena una decina di secondi ha decelerato da 306 a “solamente” 107 chilometri orari. Il doppio sistema frenante è una delle prime innovazioni tecnologiche introdotte in Formula 1. Comparve infatti all’inizio degli anni Sessanta, quando l’automobilismo era ancora in gran parte un’attività semi-artigianale, affidata all’abilità e all’intuizione più che al computer. Successivamente, nel 1968, la Fia ha disposto che questo sistema fosse elettrico e non più meccanico.

    “Ma il sistema di sicurezza che più di ogni altro ha salvato il pilota tedesco”, prosegue Brunner, “è senza dubbio la cellula di sicurezza. Costituita di carbonio, dal 2000 sarà ricoperta da uno speciale rivestimento di kevlar spesso due millimetri”. Questa struttura ha il compito di proteggere il corpo del pilota impedendo all’abitacolo di deformarsi. Le innovazioni attorno a questo sistema di sicurezza cominciarono nel 1981 quando per la prima volta fu rinforzata ed estesa davanti ai piedi del pilota. In seguito, dalla fine degli anni Ottanta, furono introdotti alcuni crash test per provarne la resistenza: statici nel 1981 e laterali nel 1995. Infine, lo scorso anno, la Fia ha ordinato di aumentarne le dimensioni dopo che erano già state aumentate quelle dell’abitacolo.

    Un’altra struttura di fondamentale importanza, che ha il compito di proteggere il pilota nel caso di ribaltamento della vettura, è il roll-bar, una barra metallica di protezione. Ogni monoposto deve averne due: uno dietro al casco a non meno di 94 centimetri da terra, l’altro di fronte al volante a non più di 25 centimetri dallo sterzo. La linea immaginaria che unisce le due strutture deve passare sette centimetri sopra il casco e cinque centimetri sopra il volante. Anche il roll bar, come la cellula di carbonio e kevlar, e le altre strutture di protezione della vettura non può avere uno spessore inferiore a tre millimetri.

    Ma i particolari che proteggono l’incolumità del pilota sono diversi. “Ci sono almeno un’altra decina di sistemi di sicurezza”, conclude Brunner, “dalle tre cinture di sicurezza, che devono essere fissate all’altezza dell’addome e in corrispondenza degli arti inferiori, alle dimensioni piuttosto grandi degli specchietti retrovisori (5cm per 12cm) che permettono al pilota di avere un’ottima visuale alle proprie spalle. Poi ogni vettura ha un sistema automatico per l’estinzione di eventuali incendi e poggiatesta che diminuiscono i rischi di danni al capo e al collo. Inoltre, ogni anno sia le case automobilistiche che la Fia cercano di migliorare i sistemi di sicurezza. Per il 2000 i crash test frontali saranno modificati e la velocità alla quale avverrà l’impatto passerà da 12 a 14 metri al secondo”.

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