È tornata a Terra con un bagaglio enorme la nostra Samantha Cristoforetti, quello di prima donna italiana nello Spazio e di più lunga permanenza in orbita al femminile: 199 giorni, 16 ore e 42 minuti, battendo di circa 4 giorni la collega statunitense Sunita Williams. A far da compagnia ad AstroSamantha, a bordo della Soyuz che l’ha riportata a Terra, c’erano anche l’americano Terry Virts e il russo Anton Shkaplerov. Atterraggio eseguito alle nostre 15:44 di oggi, nella steppa del Kazakistan.
Sulla Stazione spaziale l’astronauta dell’Agenzia spaziale europea è rimasta quasi un mese più del previsto dalla missione Futura 42, a causa dell’incidente capitato alla navicella russa Progress, che ha fatto slittare il rientro, regalando qualche giorno più in orbita all’astronauta, lassù dal 23 novembre scorso. E oggi, dopo il distacco della Soyuz alle 12:20, cui è seguito un volo di circa 3 ore, toccando i 28mila chilometri orari, Samantha ha rimesso piede sulla Terra.
Primati a parte, il bagaglio con cui torna a casa la nostra astronauta è ricchissimo. In quasi duecento giorni nello Spazio, oltre le immagini mozzafiato del nostro pianeta visto a circa 400 chilometri di altezza, Samantha ha partecipato ad alcuni degli oltre 200 esperimenti in programma durante la sua permanenza sulla Stazione spaziale internazionale, passando dalla fisiologia, alle scienze della vita, alle dimostrazioni tecnologiche, nonché alle attività di manutenzione e riconfigurazione moduli (e sperimentando anche i timori per una possibile fuga di ammoniaca).
Senza contare la fittissima attività di comunicazione (Sanremo compreso, sebbene non in diretta) di cui è stata protagonista, elogiata anche dal presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) Roberto Battiston: “Samantha ha dato prova di una grande comunicatività e di un notevole impegno nelle attività scientifiche, sia negli esperimenti portati in orbita nella missione Futura, sia in decine e decine degli altri esperimenti presenti a bordo della Stazione spaziale”. In attesa dei racconti dal vivo ricordiamo cosa ha fatto AstroSamantha durante i quasi sette mesi trascorsi lassù, sbirciando nel diario di bordo dal suo“avamposto dell’umanità nello Spazio”.
L’arrivo e i primi momenti sulla Iss
Non c’è immaginazione che tenga: i primi passi nello Spazio, in assenza di gravità, sono sempre una sorpresa. E lo stesso è stato per Cristoforetti, che a pochi giorni dallo sbarco in orbita sulla Iss si era raccontata così durante la sua prima inflight call:“è eccezionale lasciarsi andare, chiudere gli occhi e cercare di capire cosa vede e sente il cervello e al tempo stesso i trucchi che trova per gestire una situazione così”.
Una sensazione sorprendente sì, ma oggetto anche dei primi esperimenti condotti in orbita dall’astronauta, con Blind and Imagined per studiare (a volte a occhi chiusi) l’adattamento dell’organismo, dei sensi e del cervello al movimento in assenza di peso, attraverso delle telecamere che riprendono i movimenti grazie a delle piccole sfere riflettenti attaccate sul corpo. L’idea è quella di acquisire quanti più dati possibili sul funzionamento delcervello che possano essere utili anche in campo neurologico. Questo anche grazie a un altro esperimento dell’Agenzia spaziale italiana, iniziato già durante la prima settimana in orbita: Drain Brian per lo studio del ritorno venoso cerebrale in condizioni di microgravità.
I primi tempi sulla stazione sono stati anche quelli della meraviglia per l’astronauta, quella di scoprire la vista dalla cupola, di vedere l’Italia da lassù: “L’Italia in particolare dallo Spazio è bellissima, e non solo perché è il mio paese. È una combinazione di coste, isole, e montagne che la rendono speciale da quassù”.
Accanto allo stupore, i primi giorni a bordo sono stati anche quelli più faticosi, in cui l’astronauta ha dovuto imparare a prendere confidenza con gli spazi, con l’efficienza nel movimento e nelle attività di lavoro, non solo esperimenti scientifici, ma anche attività di manutenzione: dal rifornimento delle scatole di pietanze, al controllo dell’impianto per la rimozione dell’anidride carbonica, al rabbocco del serbatoio dell’acqua di scarico della toilette, al montare una nuova unità su una tuta spaziale o alle esercitazioni con il braccio robotico per l’arrivo delle navicelle di rifornimento Dragon.
Vivere nello Spazio, tra un caffè e l’altro
Samantha chiama Terra: nella sua seconda inflight call l’astronauta, a due mesi di vita nello Spazio, racconta di come ormai abbia preso dimestichezza a vivere in assenza di gravità, sentendosi ormai a casa. Così come si dice ormai abituata ai ritmi di lavoro, che si sono mantenuti sostenuti, anche durante il sonno si potrebbe ben dire: parliamo dell’esperimento Wereable monitoring dell’Asi durante il quale gli astronauti indossano una maglia dotata di sensori per monitorare cuore, respiro e temperatura.
In orbita gli astronauti raccolgono anche una serie di campioni biologici ed eseguono test per monitorare il loro stato di salute in assenza di gravità (parte integrante della ricerca scientifica). Così, fanno parte delle attività il monitoraggio della vista (è noto che la permanenza duratura nello Spazio induce alcuni problemi di vista agli astronauti); la raccolta di campioni di urina e saliva per identificare possibili marcatori della perdita di peso e massa muscolare che si osserva in condizioni di microgravità (come previsto dall’esperimento Bone/Muscle Check, correlato a sua volta a Osteo-4 e Nanoparticles and Osteoporosis) e il monitoraggio con ecografia del flusso vascolare con Cardio Ox, il test sulla salute cardiovascolare.
Ma in questi mesi Samantha non è stata solo alle prese con esperimenti di fisiologia o attività di manutenzione. A bordo sono arrivati (con Dragon) anche dei nuovi inquilini, come i moscerini della frutta (Drosophila melanogaster), che permettono di studiare in poco tempo cosa succede nelle diverse generazioni dopo una lunga permanenza in assenza di gravità.
Discorso analogo per i vermi di Caenorhabditis elegans, allevati in orbita allo scopo di studiare i meccanismi epigenetici ereditari, ovvero le modifiche che non alterano la sequenza di basi del dna ma come questo viene letto, espresso. Tra gli inquilini della stazione anche i microrganismi dell’esperimento Bric, coltivati in orbita per seguire sì l’adattamento alle condizioni di microgravità, ma anche per studiare la comparsa di resistenza agli antibiotici.
Ma a volte serve anche un caffè, no, tra un esperimento e l’altro? In realtà il caffè stesso era un esperimento per capire come si comportano i fluidi ad alta pressione e in assenza di peso, portato avanti grazie all’arrivo di Isspresso, la macchinetta a capsule a Zero G che lo scorso maggio ha regalato all’astronauta il primo espresso in orbita.
Il tempo extra
Era stata la stessa Samantha a scherzare con Battiston sulla possibilità di rimanere qualche tempo più del previsto in orbita:“Se lei mi lascia, presidente, io sto anche un po’ più a lungo”. In realtà, come sappiamo, la permanenza prolungata è stata forzatadagli eventi (il fallimento della missione Progress) più che dal desiderio dell’astronauta, che si è tutt’altro che riposata in questo tempo extra di missione. Samantha tra l’altro negli ultimi giorni ha infatti preso parte alle operazioni per l’installazione di una nuova pompa d’acqua nel modulo Columbus e al trasloco di un intero modulo (Permanent Multipurpose Module).
Via: Wired.it
Credits immagine: via Esa