La cultura degli scimpanzé si sta perdendo a causa degli esseri umani. In un ampio studio su 144 gruppi di primati dell’Africa centrale e meridionale, oltre 70 esperti hanno osservato i comportamenti dei nostri parenti genetici più stretti, notando che nelle popolazioni che vivono a contatto con l’essere umano la diversità culturale, cioè tutte quelle azioni che si trasmettono da una generazione all’altra, è inferiore rispetto a quella di gruppi che risiedono in habitat lontani dalla nostra influenza. Gli sforzi per evitare l’estinzione non bastano per tutelare davvero una specie, sostengono i ricercatori su Science. Anche la diversità culturale va protetta, magari istituendo una sorta di siti Unesco ma degli scimpanzé.
La cultura degli scimpanzé
Un po’ come gli umani, gli scimpanzé hanno delle tradizioni che si tramandano da una generazione all’altra: alcuni gruppi spaccano le noci di cocco con le pietre, altri usano dei bastoni per pescare alghe commestibili o cacciare le termiti.
Non sono azioni comuni a tutta la specie, alla base cioè non ci sono solo istinto e genetica. “È qualcosa che si impara dalla società, dai membri del proprio gruppo, e che quelli di un altro gruppo potrebbero non conoscere”, ha spiegato Ammie Kalan, primatologa dell’Istituto di antropologia evolutiva Max Planck di Lipsia (Germania), tra gli autori dello studio. È ciò che noi chiamiamo cultura.
Lo studio
Venti anni fa il primatologo Carel van Schaik dell’Università di Zurigo avanzò l’ipotesi per cui l’impatto dell’essere umano sull’habitat delle grandi scimmie, come oranghi e scimpanzé, potesse spazzare via alcuni dei comportamenti chiave per la sopravvivenza di questi animali.
La deforestazione, per esempio, avrebbe potuto causare penuria di palme da cocco, non rendendo più necessario l’apprendimento della tecnica per spaccare le noci dagli anziani del gruppo ai giovani, e con la morte degli individui anziani la tradizione sarebbe andata persa per sempre.
Per 10 anni Kalan, insieme a oltre 70 colleghi di altri gruppi di ricerca, ha osservato 144 gruppi di scimpanzé nell’Africa centrale e meridionale per verificare questa teoria. I dati raccolti sono stati poi uniti a quelli di un altro centinaio di comunità di scimpanzé all’interno di un imponente progetto, il Pan African Programme: The Cultured Chimpanzee.
Grazie ai loro sforzi i ricercatori sono riusciti a catalogare in totale 31 comportamenti culturali, notando però che negli scimpanzé che vivevano a più stretto contatto con l’essere umano la probabilità di mostrare un determinato comportamento culturale era inferiore dell’88% rispetto a quella registrata in gruppi lontani dall’influenza umana.
“Se una comunità di scimpanzé lontana dall’essere umano mostra 15 o 20 comportamenti culturali”, ha spiegato Kalan, “i gruppi che subiscono di più l’impatto umano ne ostrano solo 2 o 3”.
Perché tutelare il patrimonio culturale animale
Deforestazione e bracconaggio sono le cause principali della diminuzionedelle comunità di scimpanzé, sottolineano gli autori della ricerca. Ma – adesso ne abbiamo conferma – c’è anche quest’altra forma di violenza che l’essere umano perpetra inconsapevolmente sulle scimmie: la diminuzione del numero degli individui e l’isolamento delle comunità conseguente alla distruzione dell’habitat determinano la perdita della diversità dei comportamenti.
L’essere umano sta impoverendo gli scimpanzé, facendo perdere quelle tradizioni che hanno consentito loro di sopravvivere e di adattarsi all’ambiente. Perdere la complessità della cultura animale significherebbe per gli autori condannarli.
Via: Wired.it