Intestino e cervello: due organi apparentemente distanti, ma che secondo un numero crescente di studi hanno molte più connessioni di quanto pensiamo, tanto che l’intestino si è guadagnato negli ultimi anni il soprannome di “secondo cervello”. I tre milioni di microrganismi che lo popolano sono stati implicati in molte patologie, dalla colite ulcerosa al cancro al colon fino al Parkinson. Ora due nuovi studi chiamano in gioco i batteri intestinali anche nella regolazione della sclerosi multipla.
La sclerosi multipla – che in Italia colpisce 118 mila persone secondo gli ultimi dati dell’AISM, Associazione Italiana Sclerosi Multipla – è una malattia che colpisce il sistema nervoso e che può portare a gravi lesioni invalidanti per chi ne soffre. Le cause della malattia non sono note con certezza, mentre i suoi meccanismi d’azione sono chiari: si tratta di una de-regolazione del sistema immunitario che attacca il sistema nervoso centrale, danneggiando la guaina che avvolge e protegge le fibre nervose, chiamata mielina, portando alla formazione di cicatrici, o sclerosi. Privati della mielina, i segnali elettrici trasmessi dai neuroni si disperdono e portano alla comparsa di sintomi come intorpidimenti e paralisi.
Ora però due diversi team di ricerca hanno cercato di chiarire il ruolo del microbioma – cioè dell’insieme dei batteri intestinali – nella comparsa della malattia. Un primo studio apparso qualche mese fa su Pnas e guidato dai neurologi dell’University of California a San Francisco ha dimostrato che due generi di batteri più abbonanti nei pazienti affetti da sclerosi multipla influenzano le cellule del sistema immunitario, stimolandole ad attaccare le cellule del proprio corpo, inclusi i neuroni. Lo studio ha confrontato il microbioma di 71 pazienti con sclerosi multipla con quello di soggetti sani e ha identificato due generi di batteri, Acinetobacter and Akkermansia, molto rari nei soggetti sani ma abbondanti nei pazienti con sclerosi. Questi risultati sono in linea con precedenti risultati che mostrano come i malati abbiano una flora intestinale diversa da quella di soggetti sani, ma non chiariscono la relazione di causa effetto, cioè se la sclerosi multipla modifichi la composizione del microbioma o se viceversa siano i batteri intestinali a influenzare la comparsa della malattia.
I ricercatori hanno pertanto studiato l’effetto delle due famiglie batteriche in vitro e hanno osservato che queste agiscono modulando la differenziazione delle cellule che mediano la risposta immunitaria, i linfociti T. I due ceppi promuovono la differenziazione dei linfociti T pro-infiammatori, potenziando quindi il sistema immunitario, e inibiscono la differenziazione dei linfociti T regolatori, riducendo quindi il controllo e la regolazione del sistema immunitario. Questo meccanismo di azione suggerisce pertanto che Acinetobacter and Akkermansia contribuiscano alla perdita di controllo del sistema immunitario che è alla base della sclerosi multipla.
Un secondo studio condotto da un gruppo di ricerca internazionale mostra invece come, nei topi, il trapianto di microbioma di animali affetti da sclerosi multipla aumenti la probabilità di sviluppo della malattia. I ricercatori hanno esaminato 34 coppie di gemelli identici nelle quali solo uno dei due era affetto da sclerosi multipla. Il microbioma di questi individui è stato poi trapiantato nei topi: il trapianto dei batteri intestinali ottenuti dai gemelli malati ha aumentato la probabilità per i topi di sviluppare la patologia rispetto al trapianto dei batteri intestinali ottenuti da individui identici ma sani.
Sebbene dunque non sia ancora chiaro come si manifesti l’azione di Acinetobacter e Akkermansia, questi studi aprono a nuove strategie sia terapeutiche che di prevenzione per i pazienti affetti da questa malattia.
Riferimenti: Berer et al., PNAS;
Articolo prodotto nell’ambito del Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara