Sul lavoro, meglio uomo che donna. E se si è donna, meglio senza figli. Perché, dicono gli studi, a parità di ruolo le madri guadagnano ancora meno delle colleghe senza prole: il peso della cura e dell’organizzazione familiare da sempre gravano sulla busta paga delle mamme lavoratrici. Eppure, dice ora uno studio della Università della British Columbia a Vancouver, in Canada, e pubblicato su Work and Occupations, una soluzione potrebbe essere rappresentata dall’introduzione di una maggiore flessibilità sui luoghi di lavoro. Secondo i ricercatori, infatti, l’accesso a forme come il working from home e l’orario flessibile potrebbe migliorare i salari per le donne, specialmente per coloro in possesso di una formazione universitaria.
Per lo studio i ricercatori hanno utilizzato i dati dell’indagine Workplace and Employee di Statistics Canada. Il campione includeva oltre 20.000 donne, di cui il 58% erano madri, di età compresa tra 24 e 44 anni. I risultati sono sorprendenti: si è ha rilevato che introducendo un orario flessibile e la possibilità di lavorare da casa, il divario salariale della maternità diminuisce del 68 e 58 percento rispettivamente. A trarne beneficio sono specialmente donne madri con educazione universitaria o superiore. In questo modo si riesce a riconoscere loro un corrispettivo superiore fino al 12% di quanto percepito prima.
Secondo Sylvia Fuller, sociologa e autrice principale dello studio, i risultati offrono una lezione importante per i politici e per i direttori delle risorse umane che gestiscono le assunzioni. “I nostri risultati suggeriscono che, nel momento in cui le aziende promuovono il lavoro flessibile, l’assunzione di donne e donne madri non è più un problema”. Perché la flessibilità non solo rende più facile per le lavoratrici svolgere bene il proprio compito, ma allevia anche la preoccupazione del datore di lavoro riguardo il buon svolgimento del compito assegnato. I datori di lavoro perciò dovrebbero riesaminare le loro pratiche di assunzione per garantire che non siano discriminanti nei confronti delle madri.
Fortunatamente, l’Unione Europea sembra dirigersi in questa direzione, prendendo in considerazione gli sviluppi nella società nell’ultimo decennio al fine di consentire ai genitori e alle altre persone con responsabilità di assistenza di bilanciare meglio la loro vita lavorativa e familiare, incoraggiando una migliore condivisione delle responsabilità di cura tra donne e uomini. La direttiva sull’equilibrio vita-lavoro dalla Commissione europea fa sì che l’onere della prova venga ribaltato: non spetterebbe più alla neo-mamma dimostrare il perché delle sue esigenze, ma al datore di lavoro dimostrare l’impraticabilità del rapporto flessibile.
Riferimenti: Work and Occupations
Articolo prodotto in collaborazione con il Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara