La perdita di biodiversità potrebbe essere molto più grave di quanto si è pensato finora. Lo sostengono due ecologi dell’Università del Messico, Paul R. Erlich e Gerardo Ceballos, in uno studio pubblicato su Science. I ricercatori mostrano come l’estinzione di piante e animali sul nostro pianeta, appare molto più preoccupanti se, oltre alle singole specie, si considera anche lo stato di salute delle singole popolazioni. Per esempio: un gruppo di grifoni che nidifica su una scogliera, così come l’insieme dei lupi che vivono in un bosco, sono considerati rappresentanti della stessa popolazione. A preoccupare i due scienziati messicani è lo stato di salute di queste piccole comunità: la perdita costante e progressiva dei loro habitat è il processo che mina alla base la possibilità di sopravvivenza dell’intera specie. Nel loro studio Erlich e Ceballos hanno paragonato la distribuzione storica di 173 specie di mammiferi in via d’estinzione con quella attuale. E hanno visto che collettivamente avevano perso più del 50 per cento di quello che era stato in passato il loro ambiente naturale. “Per valutare la perdita di biodiversità, solitamente vengono prese in considerazione la diminuzione di specie o il declino del numero degli individui”, hanno osservato i due autori, “ma perché gli interventi di conservazione possano avere dei buoni risultati, si dovrebbe pensare di salvaguardare anche le singole popolazioni”. (t.c.)