Una città devastata, 13 milioni di metri cubi d’acqua cadute in sei ore, tre morti, 250 sfollati, tonnellate di fango e rifiuti e centinaia di volontari che lavorano ininterrottamente da giorni. Sono queste le cifre del diluvio che ha interessato nei giorni scorsi le Marche, colpendo con particolare durezza Senigallia, lo stesso comune che nel 2010 è stato valutato “Il più sicuro d’Italia” nel Monitoraggio sulle attività delle amministrazioni comunali per la mitigazione del rischio idrogeologico.
Lo studio assegnava un voto analizzando sia gli aspetti legati alla prevenzione e alla urbanizzazione, sia quelli legati al piano di emergenza e alla corretta informazione della popolazione. Senigallia con una valutazione di 9,5/10 è risultato il miglior comune di tutto il territorio italiano. Come è potuto accadere allora che proprio il comune più sicuro sia stato colpito così duramente da un’alluvione?
“Sono state diverse condizioni combinate insieme a favorire questa calamità naturale. La scarsa conoscenza delle dinamiche naturali è sicuramente da tenere in considerazione, ma in questo caso la dimensione e la modalità dell’evento piovoso sono stati determinanti, “spiega Mauro De Donatis, professore di Geologia Informatica dell’Università di Urbino, originario proprio di Senigallia.“Il 3 maggio la pioggia incessante caduta a Senigallia, combinata alle piene degli affluenti del fiume Misa, ha portato la situazione a un punto critico causando la rottura degli argini. Le precipitazioni sono state eccezionali non tanto per la quantità assoluta di acqua, quanto per l’estrema concentrazione della pioggia nel tempo e nello spazio. Sappiamo che le precipitazioni stanno cambiando modalità e l’acqua che fino a qualche anno fa cadeva nell’arco di una settimana e in una vasta area, oggi può precipitare nel giro di poche ore e nel raggio di pochi chilometri. Alla luce di questo, è fondamentale aumentare il livello di competenze tecniche geologiche all’interno delle amministrazioni”.
Se neanche il “comune più sicuro d’Italia” è al riparo – spiega insomma De Donatis – allora la discussione sul rischio idrogeologico in Italia va probabilmente estesa e approfondita notevolmente. La catastrofe che ha colpito Senigallia potrebbe diventare quindi l’occasione per rivalutare radicalmente il concetto di prevenzione e sicurezza dei disastri naturali nel nostro Paese.
Credits immagine: Mirko Silvestrini
Questo articolo è stato prodotto nell’ambito del Master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della Scienza, Università di Ferrara