Come interpretare i dati che elabora il più grande radiotelescopio del mondo, quello americano di Arecibo, in Portorico? Nel 1998 i ricercatori di Seti, il programma sulla ricerca di segnali di vita intelligente nel cosmo, propongono una soluzione “casalinga”: dividere l’enorme massa di dati fra le decine di migliaia di volontari che ricevono la loro parte via Internet. E la elaborano. Un super team di tecnici al quale può iscriversi chiunque
Potrebbe capitare a chiunque di essere il primo a identificare un segnale di vita extraterrestre. E senza troppo sforzo: magari stando comodamente seduti in poltrona, tra le quattro mura di casa, a guardare la televisione, mentre il personal computer interpreta i dati che arrivano dal più grande radiotelescopio del mondo: quello americano di Arecibo, in Portorico. Può sembrare una cosa insolita, ma questa è l’idea alla base di un progetto scientifico molto serio, chiamato “Seti a casa” (Seti@home è il nome originale). Si tratta di un nuovo ramo del grande programma Seti (Search for extraterrestrial intelligence), sulla ricerca di segnali di vita intelligente nel cosmo.
Questa ricerca è iniziata nel 1992, come programma ufficiale della Nasa, finanziato dal governo degli Stati Uniti. Parte di tale programma consisteva nell’esaminare le microonde captate da potentissimi telescopi, tentando di capire se fossero dovute tutte a fenomeni naturali (come l’attività di stelle, quasar o galassie), o se alcune di queste fossero di origine misteriosa. In quest’ultimo caso, si sarebbe potuta immaginare la loro origine dall’attività di esseri intelligenti a qualche milione di anni luce da noi.
Il programma della Nasa era stato interrotto nel 1993, quando il Congresso aveva tagliato i fondi destinati a questo tipo di studi. L’interesse degli scienziati e dei non addetti ai lavori, però, era rimasto vivo. E così, dalle ceneri della precedente ricerca è nato l’istituto Seti: un nuovo programma, sostanzialmente autofinanziato, che trae prestigio e autorevolezza scientifica dal sostegno di eminenti studiosi. L’istituto coordina a tutt’oggi più di 30 programmi attivi di ricerca scientifica nel campo generale della “vita nell’universo”. Di questi, il più importante è il Progetto Phoenix, proseguimento di uno dei più importanti progetti attivati dalla Nasa presso il radio telescopio di Arecibo.
Ultimamente, dopo anni di attività, i ricercatori dell’istituto Seti si sono resi conto di essere in possesso di così tanti dati da non essere in grado di esaminarli senza l’aiuto di un’estesissima rete di collaboratori. E hanno pensato di rivolgersi alla più numerosa squadra di tecnici immaginabile: quella degli utenti di personal computer.
Il primo passo dell’operazione Seti@home consiste nella raccolta dei dati da valutare. Questa viene curata da un sistema di computer situato all’Università di California a Berkeley, il quale ha accesso continuo ai dati del radiotelescopio di Arecibo e li memorizza in tempo reale. Successivamente, l’enorme mole di dati viene suddivisa in tanti pezzi, distribuiti automaticamente via rete telefonica ai computer di coloro che, in tutto il mondo, partecipano al progetto (per farne parte basta una semplice iscrizione al sito Web del programma [“ibernato” a marzo 2020].
Ai volontari che aderiscono all’impresa viene inviato un software che ha l’apparenza di un normale salvaschermo e, come questo, si attiva quando la macchina è accesa ma non in uso. In realtà, però, la sua funzione è quella di elaborare i dati, cercando segnali significativi attraverso quattro milioni di diverse combinazioni di frequenze, larghezza di banda, eccetera. I risultati sono quindi ritrasmessi negli Stati Uniti, al sito Internet di “Seti@home”, dove vengono memorizzati e dove ogni segnale identificato come interessante viene attentamente ricontrollato.
Naturalmente sono stati progettati alcuni dispositivi di sicurezza per impedire ogni manomissione dei dati. In qualsiasi momento, poi, il proprietario del computer può richiamare sullo schermo una mappa, sulla quale sono, fra l’altro, evidenziati i punti del mondo in cui, in quel momento, altri computer sono impiegati nello stesso compito. In un futuro si pensa che tutti i partecipanti all’operazione potranno mettersi in contatto telematico fra loro.
Quando entrerà completamente in funzione il progetto Seti@home? Come spesso accade è solo un problema di soldi. Infatti il sofisticato software, progettato e realizzato a Berkeley sotto la direzione di D.P. Anderson, ex professore universitario di Computer Science, è praticamente pronto. Inoltre è già partita in tutto il mondo la ricerca di volontari che collaborino ai test che stanno per iniziare. Perché il progetto parta definitivamente occorre la certezza di avere a disposizione, grazie a donazioni pubbliche e private, i 200.000 dollari necessari per attivare l’ultima fase di realizzazione dell’automatismo di immissione e distribuzione dei dati. Questa fase non richiederà più di sei mesi e poi, nella primavera-estate 1999, la vostra, e la nostra, ricerca di vita intelligente nello spazio potrà cominciare in grande stile.