L’industria alimentare Europa è estremamente vulnerabile agli effetti dei cambiamenti climatici. In particolare in campo agricolo, e non solo per quanto riguarda la produzione. Un nuovo studio pubblicato su Nature Communications ha calcolato infatti gli effetti che potrebbe avere nei prossimi anni il riscaldamento climatico sull’import agricolo dell’unione, rivelando che entro il 2055 oltre il 44% dei prodotti alimentari che consumiamo ma non produciamo su suolo europeo saranno a rischio per le ondate di calore e i periodi di siccità legati al riscaldamento globale.
Lo studio ha quantificato e mappato la vulnerabilità ai periodi di intensa siccità nei paesi che rappresentano i principali esportatori di prodotti agricoli verso il territorio Ue. I calcoli hanno riguardato alcuni alimenti estremamente diffusi nelle nostre dispense e nell’industria alimentare europea, come caffè, cacao e soia, proiettando l’analisi agli effetti che vedremo nel 2030, nel 2050 e nel 2085. I calcoli sono stati effettuati sia per il cosiddetto scenario a basse emissioni (conosciuto come Representative Concentration Pathway, o Rcp, 2,6 nelle proiezioni dell’Ipcc) e in quello a medie emissioni (Rpc 6,0).
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In quest’ultimo caso, i pericoli sembrerebbero fin troppo concreti. Intensità e frequenza dei periodi di siccità nei paesi produttori aumenteranno infatti del 35% entro il 2050, rispetto ai livelli attuali. E la conseguenza sarà un’estrema vulnerabilità per oltre il 44% dell’import agricolo europeo. I prodotti più a rischio sarebbero caffè, cacao, zucchero di canna, olive, olio di palma e soia, comparti in cui ci affidiamo, e ci affideremo sempre più in futuro secondo le previsioni attuali, a paesi come Brasile, India, Vietnam, Turchia, Tailandia e Indonesia, considerati ad alto rischio di siccità. Solo due tra i prodotti per cui ci affidiamo fortemente all’import sembrerebbero al riparo dai rischi legati al riscaldamento globale: mais e semi di girasole.
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I risultati – scrivono gli autori dello studio – dimostrano che i rischi per l’industria alimentare europea derivanti dal riscaldamento globale non si limitano alla produzione locale, ma riguardano anche, e soprattutto, l’import di ingredienti fondamentali per settori come l’allevamento, la produzione casearia, l’industria cosmetica e quella del caffè. Un tema sottovalutato in passato, e che sottolinea la necessità di prepararsi ai pericoli che riserva un futuro in cui i cambiamenti climatici (come sembra sempre più probabile purtroppo) non saranno tenuti sotto controllo, investendo nei paesi produttori per migliorarne la resilienza nei confronti della siccità, o puntando su produzioni alternative all’interno dei confini Ue.
Riferimenti: Nature Communications
Credits immagine: 🇸🇮 Janko Ferlič on Unsplash