Precipitazioni nulle, temperature elevate e scarse nevicate durante la stagione invernale. Sono principalmente questi i tre fattori che hanno portato il fiume Po a una grave siccità, legata alla crisi climatica, che non si vedeva da almeno 70 anni. E che avrà conseguenze drammatiche, sia per l’irrigazione dei campi, sia per le centrali idroelettriche per l’energia, che, infine, per l’approvvigionamento dell’acqua potabile. A complicare ulteriormente questo scenario, inoltre, è il fatto che la poca acqua disponibile rischia di non essere comunque utilizzabile. Questo perché, sempre come conseguenza dell’intensa siccità, le acque salate del mare stanno risalendo nei rami del delta del Po.
In generale, infatti, sappiamo che quando la portata di un fiume è troppo debole, l’acqua salata del mare, il cosiddetto cuneo salino, risale lungo il letto del fiume e permea il terreno oltre i suoi argini, contaminando le falde sotterranee e rendendo così la poca acqua disponibile inutile per molte applicazioni. Un problema già ampiamente osservato in precedenza: come spiegava nel 2020 Franco Dalle Vacche, già presidente del Consorzio di bonifica Pianura di Ferrara, “la risalita dell’acqua salata, detta cuneo salino, nei rami del Delta del Po è un grande problema, che viene accentuato dalla siccità e da una regimazione non regolare; contamina le falde e nelle situazioni più gravi rende l’acqua inservibile a fini potabili e per l’irrigazione di terreni che, peraltro, essendo caratterizzati dalla forte componente sabbiosa, facilitano l’infiltrazione di acqua salata”. Negli ultimi 20 anni, sottolineava l’esperto, l’acqua del mare è riuscita a risalire di quasi 30 chilometri lungo le foci, in particolare nei rami secondari, ed è entrata nell’entroterra, mettendo a rischio migliaia di ettari e le aziende agricole, a causa della presenza di maggiori valori di salinità.
Siccità in Val Padana: ecco perché la secca del Po fa paura
Da recenti misurazioni è emerso che la risalita dell’acqua salata dal delta del Po, proveniente dal mar Adriatico, è arrivata ormai a circa 20 chilometri e la situazione rischia di aggravarsi ulteriormente nelle prossime settimane. A raccontarlo nei giorni scorsi è stata l’Anbi, Associazione Nazionale Consorzi di tutela e gestione del territorio e acque irrigue, secondo cui sono state sospese le irrigazioni in alcune aree e messe in azione le pompe mobili d’emergenza per la sopravvivenza dei raccolti. A rischio, tuttavia, non c’è solo l’agricoltura, ma anche l’acqua potabile. “È un fenomeno invisibile, ma che sta sconvolgendo l’equilibrio ambientale del delta polesano”, ha spiegato Francesco Vincenzi, Presidente dell’Anp. “Se la situazione persisterà, saranno contaminate le prime falde destinate all’uso potabile”.
Via: Wired.it
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