Guardare un quadro di Mauritius C. Escher e cogliere le simmetrie che lo caratterizzano è immediato anche per chi non si intende di arte. Ma quando si ascolta un brano musicale di Bach non è così facile accorgersi della sua struttura geometrica. Eppure anche la musica, come la pittura, l’architettura, o la letteratura, può essere ascoltata e capita più a fondo con l’ausilio della matematica.
Proprio il tentativo di riunificare queste due discipline drasticamente separate da oltre un secolo è stato il tema di un seminario sperimentale che si è svolto la scorsa settimana nella Domus Galileiana di Pisa. L’idea di riunire matematici, logici, musicisti e filosofi della scienza a parlare di musica a suon di numeri, grafici e funzioni, è stata di Tito Tonietti, matematico dell’Università di Pisa. “Nel corso dei secoli si incontrano molti matematici che si sono occupati di teoria musicale, e molti musicisti che si sono posti problemi matematici, basti pensare a Eulero, Lagrange, Bernoulli, D’Alambert, o a Luigi Nono e Arnold Schoenberg. Perché allora oggi, per la maggior parte delle persone, queste due discipline appartengono ai due mondi separati della razionalità e dell’emotività e non hanno nessuna possibilità di incontrarsi?” Questa è la situazione delineata dallo stesso Tonietti che riconosce nel romanticismo ottocentesco il colpevole di una tale frattura.
Matematica e musica, segrete simmetrie
Ma per capire che non è così basta pensare al parallelo tra un’equazione matematica e un brano musicale. In entrambi i casi, cogliere la presenza di simmetrie permette di arrivare a un grado di comprensione superiore che non si raggiungerebbe se si trascurasse l’analisi della struttura. “E’ grave che si vada a sentire un concerto solo per la bravura dell’esecutore e non per l’interesse verso il compositore”, denuncia Benedetto Scimemi, matematico dell’Università di Padova. “Questo denota un’attenzione tesa solo all’aspetto interpretativo ed estetico della musica, quando fondamentale è anche la struttura di un brano”.
Come e perché abbiamo la musica dentro
Infatti solo conoscendo le regole con le quali è costruita una partitura si possono apprezzare le differenze tra un canone di Bach e un’opera di Verdi. E una tale educazione all’ascolto, banale per molti musicisti o matematici, non è invece elementare per la maggior parte di coloro che sentono musica. Lo stesso Scimemi ha mostrato come sia possibile, in maniera semplice, descrivere e apprezzare le simmetrie musicali. Con un linguaggio, quello della geometria, in cui si parla di traslazioni, riflessioni, stiramenti, cioè delle cosiddette isometrie del piano in sé che permettono di trasformare il grafico di una funzione.
Variazioni (geometriche) sul tema
Ma, tornando alla musica, la funzione si ottiene dalla melodia se si considera il tempo come variabile indipendente e l’altezza della nota come variabile dipendente. Dato un tema si possono costruire le varie voci traslandole sull’asse dei tempi, così da farle sovrapporre al tema con un certo ritardo (un esempio classico è il canone di “Fra’ Martino”). Una traslazione sull’asse verticale cambia le note del tema dato e quindi la tonalità. Invertendo il segno alla variabile dipendente o a quella indipendente, si esegue una riflessione “lago” o una riflessione “muro”. E infine, uno stiramento è una variazione di unità di misura sull’asse orizzontale e sull’asse verticale.
Sono solo queste le semplici regole geometriche che permettono di rappresentare graficamente la struttura dei canoni, cioè di quelle composizioni che, più genericamente identificate come contrappunti, si costruiscono combinando tra loro melodie più o meno autonome. Esempi classici sono quelli presenti nell’opera di Bach intitolata “Offerta musicale”, in cui oltre a una fuga a tre voci, una a sei e un trio, sono presenti dieci canoni derivati da un unico tema assegnato al musicista dal re di Prussia Federico il Grande nel 1747.
E’ chiaro che la genialità della musica di Bach non può essere cercata nelle regole caratteristiche del suo periodo storico e quindi della sua cultura musicale, ma sicuramente la matematica può aiutare un profano a comprenderla meglio. E questo non è mai evidenziato abbastanza. “Forse perché”. ricorda il fisico Antonino Drago, “esiste una differenza sostanziale tra le arti visive, percepibili nella loro globalità, e quelle uditive”. Mentre l’occhio vede un quadro nella sua interezza e può immediatamente cogliere le simmetrie che lo caratterizzano, l’orecchio sente i suoni in sequenza e questo rende molto più difficile riconoscere una struttura globale.
Parlare di strutture e di geometrie non esaurisce il tema infinito delle sovrapposizioni tra matematica e musica. Ma non serve addentrarsi ulteriormente nei numeri, nella geometria, nell’aritmetica, per capire il messaggio del seminario di Pisa. E’ un punto di partenza per esperimenti tesi a riunificare la cultura umanistica e quella scientifica, per rivendicare il paradigma scientifico della musica contro quello puramente estetico. Con l’obiettivo di evidenziare le regole e le strutture che, nella musica come in ogni altro campo, devono essere assimilate prima di essere smontate e violate liberamente, nella continua ricerca del nuovo.