Oggi, 21 marzo, si celebra la Giornata mondiale della sindrome di Down. E la data non è stata scelta a caso: l’evento, infatti, cade proprio nel ventunesimo giorno del terzo mese dell’anno, per ricordare a livello genetico cosa provoca questa condizione, chiamata anche trisomia 21, che si manifesta appunto quando nella coppia di cromosomi numero 21 c’è un cromosoma in soprannumero. Sebbene ancora oggi non esista una cura per la sindrome di Down, la scienza da anni sta finalizzando le sue ricerche per migliorare le capacità cognitive dei pazienti, testando in particolare le cellule staminali, riprogrammate, in vitro o su modelli animali. Oggi, però, un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Biological Psychiatry, è riuscito a ottenere un modello più accurato, ossia più vicino alle caratteristiche umane di questa condizione, del precedente e che potrà quindi aiutarci a sviluppare trattamenti efficaci per migliorare le funzioni cognitive.
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Lo studio
La scienza, ricordiamo, si serve spesso di modelli animali per studiare le malattie degli esseri umani perché la maggior parte dei nostri geni ha controparti simili nei topi. Tuttavia, il modello murino (dal lat. murinus, der. di mus muris topo) Ts65Dn, utilizzato negli ultimi 30 anni negli studi pre-clinici e considerato come lo standard per la ricerca sulla sindrome di Down, presenta 45 geni extra che sono irrilevanti per la sindrome di Down umana. Come raccontano gli autori del nuovo studio, infatti, esseri umani e topi hanno genomi molto simili, ma i cromosomi che li compongono non sempre combaciano perfettamente tra queste due specie. Ad esempio, molti dei geni trovati sul cromosoma 21 umano si trovano sui cromosomi 16 e 17 del topo. In particolare, il modello usato finora ha una regione aggiuntiva del cromosoma 17 del topo che contiene 45 geni extra non trovati sul nostro cromosoma 21.
Per creare il nuovo modello murino, chiamato Ts66Y, i ricercatori si sono serviti della tecnica di editing genetico Crispr per rimuovere questi 45 geni in più. Successivamente, confrontando i due modelli murini, il team ha scoperto che quei geni extra presenti nel precedente modello influenzano lo sviluppo del cervello e contribuiscono a problematiche più gravi nelle capacità motorie, il linguaggio, l’apprendimento e la memoria. “Ci sono effetti considerevoli di questi geni extra sullo sviluppo e sul comportamento del cervello dei topi”, ha spiegato l’autore Faycal Guedj, dello statunitense National Human Genome Research Institute (Nhgri). “Quello che in precedenza era considerato il miglior modello murino della sindrome di Down ha tratti derivati da geni che non sono rilevanti per il cromosoma 21 umano”.
Con questo modello nuovo e più accurato, quindi, i ricercatori sperano di sviluppare trattamenti più efficaci per migliorare le funzionalità cognitive nelle persone con sindrome di Down. “Un modello murino che cattura in modo più preciso la genetica della sindrome di Down ha importanti implicazioni per gli studi clinici sull’uomo che mirano a migliorare le abilità cognitive”, ha concluso Diana W. Bianchi, coordinatrice della ricerca.
Via: Wired.it
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