Tra i responsabili della forma ereditaria della sclerosi laterale amiotrofica (Sla), la malattia che causa la degenerazione progressiva e irreversibile dei neuroni motori, fino alla paralisi e alla morte per arresto respiratorio, ci sono le mutazioni di un gene chiamato PFN1. A scoprire questo nuovo importante meccanismo alla base della patologia sono stati i ricercatori della Medical School dell’Università del Massachusetts (Umms), grazie un grande studio che ha coinvolto numerosi laboratori, tra cui diversi italiani: quelli dell’Istituto Neurologico Carlo Besta, dell’Istituto Auxologico Italiano e dell’Università di Milano, e del Dipartimento di Neuroscienze dell’ateneo di Pisa.
Il gene in questione codifica per la produzione di una proteina, la profilina, fondamentale per la corretta crescita degli assoni, la parte dei neuroni che trasmette gli impulsi alle altre cellule, tra cui le fibre muscolari. Infatti, insieme a un’altra proteina, l’actina, questa guida la corretta costruzione dello scheletro delle cellule. Se PFN1 non funziona come deve, l’edificio non è solido e i lavori si fermano prima che sia completato. Come risultato, chi presenta queste mutazioni ha assoni più corti e mal funzionanti. E quando i neuroni motori muoiono, il cervello non può più inviare i comandi ai muscoli.
La ricerca, riportata su Nature e finanziata anche dall’Agenzia di ricerca per la sclerosi laterale amiotrofica (AriSla), è importante non solo per l’individuazione di questi difetti genetici, ma anche perché descrive un possibile meccanismo comune a forme di Sla con cause diverse. Oltre PFN1, infatti, si conoscono almeno altri tre geni che, se mutati, interferiscono con la crescita degli assoni. Se la strada è quella giusta, i ricercatori potrebbero avere in mano un target da studiare per mettere a punto delle strategie terapeutiche.
Trovare le mutazioni non è stato semplice. I ricercatori, coordinati dal neurologo John Landers dell’Umms, sono partiti dallo studio di due famiglie in cui era presente la forma ereditaria di Sla. Qui la malattia sembrava trasmettersi come carattere dominante ed erano già state escluse le cause genetiche note. Per entrambi i gruppi familiari, i due pazienti con il grado di parentela più distante sono stati sottoposti a uno scrupoloso screening genetico per tutte le mutazioni note (in base al 1000 Genome Project). Questo metodo di indagine ha ristretto la lista dei possibili colpevoli a due geni per una famiglia, e a tre per l’altra. Entrambe mostravano differenti mutazioni nello stesso gene: PFN1.
Tenendo la sigla ben a mente, i ricercatori hanno poi analizzato le sequenze genetiche di 274 famiglie colpite da Sla, trovando il gene alterato in sette di queste. Landers e colleghi hanno quindi mostrato che, mentre la versione normale della profilina, se immessa in un neurone motorio, si diffonde uniformemente per il citoplasma, quella alterata si addensa in aggregati. È questo uno dei meccanismi da studiare. E il risultato ottenuto acquista ancora più importanza se si pensa che le vie molecolari alla base della maggior parte dei casi di sclerosi laterale amiotrofica (tra cui la metà della forma ereditaria) non sono ancora note.
“Il gene non era noto come responsabile di alterazioni del motoneurone”, spiega Franco Taroni, a capo dell’unità Genetica delle malattie neurodegenerative e metaboliche presso l’Irccs Carlo Besta di Milano. “Lo studio – continua Taroni – ha anche dimostrato che la proteina mutata si addensa in aggregazioni tossiche. La sua importanza, infatti, non sta solo nell’aver individuato il singolo gene, quanto nell’aver introdotto un meccanismo che riguarda il citoscheletro e l’organizzazione dei filamenti di actina, fondamentale per fibre nervose che possono raggiungere anche un metro di lunghezza. Questo può rappresentare un modello per la patologia generale. Non dimentichiamo, però, che si tratta di un terreno tutto da esplorare”.
via wired.it
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