Da un milione di atomi utilizzati nei dispositivi tradizionali agli appena 12 usati nella più piccola memoria magnetica mai realizzata. Tanti (pochi) servono per contenere un singolo bit, l’unità fondamentale dell’informazione, mentre ne bastano appena 96 per andare allo stato successivo, il byte (8 bit). A realizzare la nano-memoria sono stati i ricercatori guidati da Andreas Heinrichdell’ IBM Research Almaden di San Jose (California) in collaborazione con il German Center for Free-Electron Laser Science (CFEL), in Germania, che presentano i risultati del loro studio su Science.
Il segreto, come riporta il New Scientist, sta nella natura del materiale impiegato per costruire la memoria: invece di atomi ferromagnetici, come quelli utilizzati nei dispositivi tradizionali, dove ne servono circa un milione per memorizzare un singolo bit, si usano quelli antiferromagnetici. Nel primo caso il bit corrisponde all’orientamento degli spin (magnetico) degli atomi di un supporto metallico, che sotto l’impulso di un campo magnetico, si allineano tutti nella stessa direzione. Acquisendo a loro volta un campo magnetico netto. Questo però limita la grandezza dei dispositivi di data storage, a causa delle interferenze che si creano nel momento in cui più bit (circa 1 milioni di atomi appunto) vengono impacchettai insieme.
La soluzione sarebbe quella di disporre di unità di informazioni non solo più piccole, ma al tempo stesso anche non ingombranti dal punto di vista magnetico, proprio come accade nei materiali scelti dai ricercatori statunitensi . In questo caso, infatti, i diversi spin degli atomi si allineano in direzioni opposte l’uno rispetto all’altro, e come risultato il materiale esternamente risulta neutro dal punto di vista magnetico, azzerando le interferenze.
Per costruire la loro memoria i ricercatori hanno utilizzato un microscopio a effetto tunnel (Stm), con il quale hanno posizionato due file di sei atomi di ferro su un supporto di nitrato rameico. Questi dodici atomi sono sufficienti a contenere uno stato di informazione minima. Per dimostrarlo, i ricercatori hanno stimolato gli atomi con degli impulsi elettrici attraverso la punta del microscopio.
A seconda di come si orientano gli spin (sempre alternati, ma due sono le possibili configurazioni per ogni singolo atomo) la nano-memoria ha due possibili stati magnetici, approssimabili all’ “1” e allo “0” del codice binario. Che possono essere utilizzati quindi per scrivere qualsiasi tipo di informazione. Questa a sua volta potrebbe poi essere letta usando un tipo di impulso più debole di quello usato per scrivere, come spiega Physorg. Ed è quello che hanno fatto i ricercatori.
Prima hanno creato un byte di memoria (accostando 8 sequenze da 12 atomi, per un totale di 96, come mostrato nel video) e quindi lo hanno utilizzato per scrivere una parola in codice ASCII II (THINK, cambiando di volta in volta lo stato magnetico dei bit).
Tutto utilizzando una superficie di data storage di appena 4 per 16 nanometri: “Questo corrisponde a una densità di immagazzinamento che è centinaia di volte più grande di quella di un moderno hard drive” ha spiegato Sebastian Loth del Cfel, uno degli autori.
Sebbene, come riporta Technology Review, i risultati siano stati raggiunti lavorando a temperature prossime allo zero assoluto (solo così infatti, e per un tempo limitato gli atomi possono mantenere lostato magnetico loro assegnato), è possibile immaginare per il futuro un sistema che utilizzi materiali antiferromagnetici anche a temperatura ambiente, con circa 150 atomi invece di 12.
via wired.it
credit immagine e video: Ibm Research