Giugno 2014: in un decreto Zingaretti dice no all’obiezione di coscienza per la prescrizione di contraccettivi (come la pillola del giorno dopo o spirale) e al rilascio di certificati per la richiesta di interruzione volontaria di gravidanza (Igv) nei consultori. Una decisione salutata come una rivoluzione a tutela della legge 194 (considerato l’alto tasso di medici obiettori sul territorio italiano e in particolare su quello laziale), ma che oggi, neanche un anno dopo, è stata congelata dalla decisione del Consiglio di Stato che ha accolto un ricorso del Movimento per la vita e delle associazioni dei medici e ginecologi cattolici.
La decisione del Consiglio di Stato in realtà ha accolto per ora solo una parte del ricorso – quella relativa all’obbligo di rilasciare i certificati per la richiesta di interruzione volontaria di gravidanza– come riferisce il Corriere. Nessuna sospensione per la parte del decreto in cui si fa obbligo agli obiettori di prescrivere contraccetivi di emergenza (la pillola del giorno dopo e dei cinque giorni dopo), e su cui torna a far polemica, mettendone in dubbio il carattere di contraccetivo il Movimento per la vita: “Il provvedimento peraltro non ha concesso la sospensiva riguardo a un’altra parte del provvedimento Zingaretti, quella in cui si fa obbligo agli obiettori impiegati nei consultori di prescrivere la pillola del giorno dopo o dei cinque giorni dopo. I giudici non hanno affermato con certezza il carattere non abortivo di questi prodotti”, spiega Carlo Casini presidente del Movimento per la vita: “ma si sono unicamente rifatti ai documenti delle agenzie preposte al controllo dei farmaci europee e nazionali. Vuol dire che la documentazione prodotta dal Movimento ha instillato il dubbio nel Consiglio di Stato. Ciò significa che se saranno dimostrati gli effetti abortivi di queste sostanze, come del resto già risulta da uno studio attento degli stessi documenti ufficiali, l’obiezione di coscienza potrà essere completamente ripristinata”.
La sospensione voluta da Zingaretti si ispirava al principio per cui“il personale operante nel Consultorio familiare non è coinvolto direttamente nella effettuazione di tale pratica” (’interruzione volontaria di gravidanza, nda). La decisione del Consiglio di Stato, sebbene pronunciata in sede cautelare, come ricorda lo steso Casini, va in direzione opposta a quella del Tar, che lo scorso ottobre aveva respinto il ricorso di alcune associazioni per la vita presentato contro il decreto di Zingaretti. “Al Tar del Lazio”, aggiunge Casini: “ritorna ora il processo per un ulteriore approfondimento”.
Via: Wired.it
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