Italia, ancora una volta, fanalino di coda. Almeno per quanto riguarda la sperimentazione animale. Il nostro paese, infatti, è l’unico tra gli stati membri a non aver ancora recepito la direttiva 63, emanata il 22 settembre 2010 dal Parlamento europeo per regolamentare la “protezione degli animali utilizzati a fini scientifici”. E dire che da Bruxelles era già arrivata, a giugno scorso, una prima ammonizione perché recepissimo al più presto la normativa: la scadenza per la sua introduzione nel diritto nazionale era fissata al 10 novembre 2010, mentre il termine ultimo per l’approvazione scadeva il primo gennaio 2013. In ogni caso, siamo fuori tempo massimo. E la Commissione europea, riporta l’Ansa, sta pensando di prendere le contromisure, denunciando l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione: se il tribunale dovesse condannare il nostro paese, si prospetta il pagamento di ben 150mila euro di multa per ogni giorno ulteriore di violazione.
In realtà, qualcosa l’avevamo fatta. Peccato che il decreto legislativo che avrebbe dovuto recepire la normativa europea sia ancora bloccato al Senato. Nella proposta di legge, la 587 del 2012, l’Italia ha tra l’altro inserito vincoli molto più restrittivi di quelli previsti dalla direttiva stessa. L’articolo 13 contiene infatti una serie di emendamenti che introducono ulteriori divieti e obblighi per i ricercatori: tra questi, il divieto di xenotrapianti, cioè il trapianto tra organi di specie diverse, e sostanze d’abuso, il divieto di “esperimenti e procedure che non prevedono anestesia o analgesia” e di quelli condotti su “cani, gatti e primati non umani” e l’“orientamento della ricerca all’impiego di metodi alternativi”. Restrizioni che molti, all’interno della comunità scientifica, temono possano segnare la fine di molti studi di biomedicina e farmacologia: “Basterebbe che l’Italia, come hanno già fatto Gran Bretagna, Francia, Spagna, Belgio, Danimarca, Svezia, Germania e altri paesi, recepisse così com’è la direttiva europea in materia”, ci aveva detto Marta Piscitelli, vice presidente dell’Associazione Italiana per le scienze degli animali di laboratorio. I vincoli introdotti dall’Italia, oltre a violare l’articolo 2 della normativa Ue (che prevede appunto che gli stati membri avrebbero dovuto “informare la commissione” entro il 1 gennaio 2013 qualora avessero voluto introdurre misure nazionali più rigorose), sono stati giudicati “immotivati, poco argomentabili e di difficile condivisione”.
Via: Wired.it
Credits immagine: Novartis AG/Flickr