Bisognava guardare sotto la superficie. Sotto la superficie del mar Ionio, a essere precisi. Una ricerca pubblicata su Science Advances mostra per la prima volta dati presi sul fondale marino, alle pendici sommerse dell’Etna. E svela le ragioni per cui il grande vulcano si sta muovendo. Lo studio, condotto da Morelia Urlaub del Centro Helmotz per la Ricerca Oceanica di Kiel (Germania), e a cui hanno collaborato anche scienziati dell’Istituto di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) di Catania mostrerebbe infatti che il fianco sud-orientale della montagna è slittato di quattro centimetri in otto giorni, principalmente a causa di forze tettoniche e gravitazionali, e non, come si pensava finora, di infiltrazioni di magma. La scoperta fa aumentare la preoccupazione per un possibile crollo del fianco del vulcano, che nelle ipotesi più catastrofiche potrebbe addirittura causare uno tsunami.
Il fianco che si muove sott’acqua
L’Etna, si sa, è un vulcano irrequieto. Alla sua attività eruttiva si aggiunge il fatto, noto da tempo (dai primi anni Ottanta, per la precisione) che il fianco orientale si sposta in modo continuo verso est di circa un centimetro l’anno. Questa ricerca ha raccolto per la prima volta dei dati relativi allo slittamento del vulcano direttamente dal fondale marino. Una campagna di monitoraggio, durata più di un anno (da aprile 2016 a maggio 2017), ha permesso infatti di raccogliere dati preziosi per capire meglio la dinamica dello spostamento della montagna e approfondirne il meccanismo.
Per raccogliere le informazioni, i ricercatori hanno posizionato cinque trasmettitori sul fondale, a una profondità di 1200 metri, in grado di segnalare la pressione e di misurare lo spostamento reciproco usando segnali acustici, con una precisione di mezzo centimetro. Le posizioni reciproche dei trasmettitori (alcuni si trovavano su porzioni di fondale stabile, altri lungo le pendici del vulcano) hanno permesso di misurare uno spostamento medio delle pendici sommerse dell’Etna, di quattro centimetri.
Spinte gravitazionali
Ciò che ha sorpreso i ricercatori è stato che lo spostamento è avvenuto fra il 12 e il 22 maggio 2017. Durante il resto dell’anno le posizioni dei trasmettitori sono rimaste pressoché stabili. “Il movimento del fianco dell’Etna avviene in modo continuo e piuttosto costante. A volte però, mostra degli episodi di lieve accelerazione” ha spiegato a Galileo Alessandro Bonforte, uno degli autori dello studio. Gli scienziati hanno attribuito lo spostamento a uno slittamento asismico, cioè che avviene in assenza di terremoti, che sembrerebbe attribuibile a spinte gravitazionali, ossia esercitate dal peso delle masse di roccia nella montagna.
“Il termine gravitazionale si riferisce proprio all’effetto della gravità sul peso del fianco, che viene trascinato verso la scarpata continentale ove non è sostenuto” continua Bonforte. Tali masse, secondo l’ipotesi dei ricercatori, causano lo slittamento del vulcano lungo le faglie che si formano lungo il suo fianco e sott’acqua, oltre la linea costiera. Bonforte ci ha spiegato che “le faglie superficiali sul fianco orientale si formano a causa dello scorrimento del fianco, che si spezza e si separa dal resto del vulcano, venendo trascinato verso i fondali dello Ionio.”
I ricercatori hanno combinato i dati raccolti dai trasmettitori usati per la parte sommersa con quelli forniti dal Gps e relativi alla parte emersa del vulcano riuscendo a ricostruire tutta la dinamica. Se lo spostamento del fianco dell’Etna fosse dovuto alle infiltrazioni di magma, i risultati avrebbero mostrato uno spostamento maggiore in prossimità del centro del vulcano, che via via diminuisce spostandosi verso le pendici. Invece la ricerca ha mostrato che lo spostamento è avvenuto principalmente nella parte sommersa, distante dal centro, e nello stesso periodo non sono state segnalata né intense attività magmatiche, né terremoti.
Le preoccupazioni per un crollo
Si è detto che lo spostamento del vulcano misurato dai ricercatori è avvenuto in modo asismico. Alessandro Bonforte ci ha spiegato che “spostamento asismico significa che solitamente non è accompagnato da terremoti sulle faglie lungo cui scorre. I terremoti possono avvenire occasionalmente quando lo stress indotto dal movimento è tale da non poter essere scaricato dalle stesse faglie con un lento scorrimento.” Viene subito da pensare al recente terremoto avvenuto nei pressi di Catania. “No” conclude Bonforte “i terremoti recenti sono sull’altro versante del vulcano e a profondità maggiori.”
Discorso a parte per il rischio crolli. I fianchi dei vulcani possono scivolare per diverse cause, sia interne che esterne. Ad esempio, il peso della montagna può non essere distribuito in maniera equilibrata, oppure le infiltrazioni di magma possono generare delle spinte orizzontali, che causano un rigonfiamento dell’edificio vulcanico. Le deformazioni gravitazionali, soprattutto quelle sottomarine, sono causa dei crolli più catastrofici, come nei casi dei vulcani Mombacho e Kilauea alle isole Hawaii.
È per questo motivo che, a seguito dei risultati di questo studio, è aumentata la preoccupazione per la sorte del fianco dell’Etna. I fianchi instabili sono un problema serio, perché possono causare crolli con esiti catastrofici. Quando questo avviene in isole vulcaniche, oppure in vulcani che sorgono lungo la costa (come nel caso dell’Etna), l’enorme mole di materiale che finisce in mare può anche causare degli tsunami. È ancora più importate quindi, per valutare il rischio di un potenziale crollo, studiare e comprendere bene i meccanismi che causano i movimenti del fianco del vulcano. Non solo per studiare scientificamente il fenomeno, ma anche per approntare le migliori strategie di controllo.
Riferimenti: Science Advances