Dopo le dichiarazioni di Luca Pani, il direttore generale dell’Aifa, che in esclusiva a Wired.it ha spiegato perché le istituzioni hanno fallito sul caso Stamina, a tornare sulla vicenda, dalle pagine della rivista Nature, sono la senatrice e scienziata Elena Cattaneo il bioeticista e storico della scienza Gilberto Corbellini. L’intento però non è tanto quello di lanciare un appello contro la pseudoscienza – come già fatto più volte in passato – quanto piuttosto quello di raccontare come la si combatte, e cosa significa (in termini di costi personali) lasciare il bancone del proprio laboratorio per far sì che l’evidenza delle prove, più che le emozioni e le false credenze, prevalgano in medicina, nell’interesse in primo luogo dei pazienti.
“Per buona parte degli ultimi due anni”, scrivono Cattaneo e Corbellini: “noi e gli altri (in particolare gli specialisti delle cellule staminali Paolo Bianco e Michele De Luca) ci siamo espressi contro questi trattamenti. Abbiamo visto scaderci termini per il finanziamento di progetti e mancato a incontri professionali per impegnarci in questo. Abbiamo imparato ad applicare le nostre capacità investigative al di fuori delle nostre discipline, e abbiamo riconosciuto le abilità nell’aiutare i non-scienziati a cogliere il valore delle prove, il rigore e la valutazione dei rischi”. Il riferimento è al lavoro di investigatori fatto insieme a De Luca e Bianco (che sullo stesso numero di Nature firma un commento sul rischio che si corre deregolamentando le terapie a base di cellule staminali) nel portare alla luce tutti i retroscena del caso Stamina (dai legami con la società farmaceutica Medestea alla burrascosa storia del brevetto). Lavoro che li ha portati (oltre a essere il bersaglio di pesanti attacchi da parte di Vannoni stesso) a esser visti in alcuni casi come coloro che volevano impedire l’accesso dei bambini a trattamenti salvavita.
Una battaglia quella contro la pseudoscienza (che gli scienziati vogliono ricordano sulle pagine della rivista) che è costata loro anche sul piano personale e lavorativo. Interviste, comunicazioni con i politici, con le associazioni di pazienti, le lecture sul caso, la stesura di dossier e appelli sulla vicenda Stamina, hanno tenuto lontano a lungo gli scienziati dai loro laboratori per spiegare la differenza tra credenze e fatti (dalle 60 alle 80 settimane, stimano). E c’è stato spazio purtroppo anche per lettere di insulti, attacchi personali o alle istituzioni cui fanno riferimento.
Ma i risultati, quasi delle vittorie si potrebbe ben dire, per tutto il lavoro fatto – anche se la vicenda è tutt’altro che chiusa, con i lavori del nuovo comitato appena cominciati – non sono mancati. Il riconoscimento internazionale, a sostegno della legittimità della loro lotta – come il premio ricevuto da Cattaneo, Bianco e De Luca per la battaglia a favore di un metodo di ricerca serio e rigoroso o ancora la posizione espressa recentemente dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che legittima lo stop alle cure – è arrivato, contribuendo anche, passo passo e a fatica a dare credibilità a loro, gli scienziati contro Stamina.
Qualcosa che fa dire a Cattaneo e Corbellini che in fondo ne è valsa la pena (nella speranza che, alla luce soprattutto delle ultime vicende, l’Italia metta presto fino a tutta la vicenda), e che questa lotta alla pseudoscienza fa parte anch’essa del dovere di uno scienziato. “La scienza”, concludono i due su Nature: “fa affidamento sulle istituzioni pubbliche ed è fatta nell’interesse pubblico- abbiamo il diritto di difenderle entrambe”.
Via: Wired.it
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