Staminali nel ginocchio, il futuro della cura delle lesioni al tendine?

staminali

Ricercate, studiate e ricostruite in laboratorio: le cellule staminali promettono molto al futuro della medicina, per la loro capacità di rigenerare il tessuto cui appartengono. Finora però non le avevamo ancora trovate nel tendine rotuleo. Anzi si pensava proprio che lì non potessero esistere delle staminali capaci di riconvertirsi in cellule tissutali del tendine, poiché il tendine, una volta rotto, è così difficile da riparare. E invece sono state individuate dai ricercatori del Carniege Institute for Science di Washington, il cui studio è apparso su Nature Cell Biology. La scoperta potrebbe in futuro migliorare le terapie di recupero ed evitare interventi chirurgici.

Un tendine senza staminali

I giocatori di calcio sanno che sollecitare troppo le ginocchia può portare al cosiddetto ginocchio del saltatore, una lesione del tendine che unisce la rotula alla tibia. Non è l’unica lesione dolorosa che capita al tendine e spesso questi problemi chiedono un lungo e complesso recupero. Spesso bisogna intervenire chirurgicamente e il più delle volte non è possibile recuperare totalmente perché si accumula del tessuto fibroso che cicatrizza la rottura, impedendo che il tendine torni allo stato precedente e peggiorando la mobilità del paziente. Proprio per le difficoltà di recupero si era sempre pensato, perciò, che non ci fossero delle cellule staminali capaci di rigenerare il tessuto del tendine, come spiega Tyler Harvey, tra gli autori della ricerca. “Le rotture del tendine raramente si risistemano del tutto e si pensava che le staminali del tendine non dovessero esistere. Molti le hanno cercate senza successo, ma il nostro lavoro le individuate per la prima volta”.

L’immagine mostra il tendine rotuleo 30 giorni dopo una lesione. I punti rossi indicano le cellule staminali, quelli verdi le cellule tendinee. Crediti foto: Tayler Harvey

La scoperta

E invece si trovavano sotto le cellule protettive che cingono il tendine. Queste staminali sono cellule che non si sono ancora del tutto differenziate in una specifica funzione. In altre parole, non si sono ancora specializzate e dunque potrebbero aiutare a ricostruire quasi qualsiasi tipo di tessuto, anche indirettamente, per esmepio aiutando a spegnere i processi infiammatori. Per questa ragione sono molto importanti per il nostro corpo e la ricerca medica se ne interessa molto: uno studio recente, per esempio, avanza l’ipotesi che delle cellule staminali del midollo possano essere utili per il recupero delle cellule cerebrali dopo un ictus. E oggi sappiamo che questo potrebbe valere anche per il tessuto del tendine rotuleo.

Come si attivano le staminali

Eppure queste cellule non entrano in azione nel caso di rottura del tendine e lasciano il posto al tessuto cicatriziale. Come mai? Quello che hanno scoperto gli studiosi è che nel luogo in cui si trovano queste staminali si originano proprio anche le cellule del tessuto cicatriziale, che rimpiazza il normale tessuto del tendine in caso di lesione, peggiorando l’elasticità e aumentando il fastidio. Il problema è che i due gruppi di cellule si trovano in un sistema competitivo, per così dire le une contro le altre. “Insomma – aggiunge Chen-Ming Fan, che ha guidato il gruppo di ricerca – le staminali esistono ma devono gareggiare con le cellule del tessuto cicatriziale per impedire la formazione della cicatrice”.

Entrambi i tipi di cellule sono infatti attivati da una proteina particolare chiamata fattore di crescita derivato dalle piastrine. Ma, raccontano i ricercatori, quando le cellule staminali del tendine sono alterate così da non rispondere al fattore di crescita, allora, dopo una lesione, si svilupperanno soltanto le cellule cicatriziali e nessuna nuova cellula tendinea.

Perciò, conclude Fan, “trovare una via terapeutica per bloccare le cellule responsabili della formazione della cicatrice e potenziare le cellule staminali potrebbe cambiare le carte in tavola quando bisogna curare una rottura del tendine”.

Crediti immagine di copertina: Angelo Esslinger, Pixabay

Riferimenti: Nature Cell Biology

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