Stazione spaziale: arrivano i rinforzi

Tutto è bene ciò che finisce bene. Dopo quasi due mesi di ritardo, il veicolo spaziale Soyuz TMA-22 ha iniziato il suo viaggio verso la Stazione spaziale internazionale (Iss). A bordo il comandante russo Anton Shkaplerov, l’ingegnere di bordo Anatoly Ivanishin, anche lui russo, e il veterano dello Shuttle, lo statunitense Daniel Burbank. Per i primi due si tratta del primo volo spaziale, mentre per Burbank, che ha già preso parte alle missioni shuttle del 2000 e del 2006, è ormai una routine. Comunque sia, è un’emozione grande per tutti: stiamo parlando del primo lancio di un equipaggio umano nell’era del dopo Shuttle (vedi Galileo, “Nasa, quanti astronauti servono?“). E quasi a rimarcare la solennità del momento, come hanno sottolineato gli inviati delle agenzie di stampa, è scesa un’abbondante nevicata che ha imbiancato la steppa del Kazakhstan, dove si trova la base russa di Baikonur da cui è partito il lancio. 

“E’ tutto a posto e noi ci sentiamo bene”, avrebbero detto i membri dell’equipaggio comunicando via radio subito dopo la partenza. Una buona notizia per gli astronauti che dovrebbero arrivare sulla Stazione spaziale internazionale mercoledì 16 novembre alle ore 18.33 italiane. Questo significa, come ricorda il Washington Post, che la Iss non resterà disabitata (vedi Galileo). La Nasa, infatti, aveva avanzato la possibilità di un temporaneo abbandono della Stazione Spaziale qualora nessun equipaggio fosse riuscito a dare il cambio ai tre astronauti residenti rimasti, che dovrebbero lasciare l’avamposto spaziale il 21 novembre. Ipotesi scongiurata grazie al successo del lancio Soyuz, che sino a oggi ha lasciato tutti col fiato sospeso. 

Per il programma spaziale russo, infatti, non è certo un buon periodo. Negli ultimi mesi, la patria di Jurji Gagarin ha collezionato qualche insuccesso, facendo nascere il dubbio di non essere tecnologicamente all’altezza per portare avanti un serio programma spaziale. Il lancio della Soyuz, in effetti, era programmato per il 22 settembre scorso, ma è stato rimandato più e più volte per problemi tecnici. Tutto è iniziato ad agosto con l’incidente del cargo Progress, che avrebbe dovuto rifornire la Stazione spaziale internazionale. Il veicolo si è schiantato nella steppa siberiana subito dopo il lancio a causa di un problema di separazione dell’ultimo stadio che ha impedito il suo inserimento nell’orbita corretta. Ma dal momento che il lanciatore del cargo era lo stesso della Soyuz, la Russia li ha dovuti ritirare tutti per un checkup. Il problema, evidentemente, è stato risolto, ma con notevoli ritardi nelle operazioni. 

I russi, naturalmente, hanno sempre minimizzato i problemi. “Non siamo pessimisti e crediamo nei nostri mezzi tecnologici – aveva detto Shkaplerov alla Interfax news agency il giorno prima del lancio – abbiamo aumentato i controlli, montato telecamere ovunque. Tutto è stato provato tre volte prima della partenza”. Un eccesso di zelo dovuto, considerati gli ultimi guai dei russi. Lo scorso dicembre, infatti, la Russia ha perso tre satelliti perché il razzo che doveva portarli in orbita non è riuscito a imboccare la giusta traiettoria. A febbraio è stato perso un altro satellite militare e il lancio dell’Express-AM4, descritto dagli ufficiali russi come il più potente satellite per le telecomunicazione, non è andato bene. 

L’ultimo fallimento riguarda la missione della sonda Phobos-Grunt, lanciata la settimana scorsa verso Marte per raccogliere campioni dal suolo di Phobos, una delle lune marziane. Ebbene, non ha imboccato la strada giusta e, parafrasando il titolo di un film, è ora lost in space. “Sappiamo che la sonda sarà in orbita ancora per tutto gennaio, e abbiamo dicembre per cercare di stabilire un contatto e portare a termine la missione”, avrebbe detto il capo della Russian Space Agency, Vladimir Popovkin. Ma, nonostante la fiducia, è improbabile che la missione riesca. E quindi prima o poi dovrà ricadere sulla Terra – avvenimento ormai piuttosto frequente. 

Per ora, però, l’importante è che gli astronauti della Soyuz riescano ad arrivare sani e salvi sulla Iss. In ballo non ci sono solo i progressi in campo scientifico (dozzine di esperimenti sono programmati) ma anche l’inizio di una nuova era di spedizioni spaziali commerciali, a partire dal lancio del razzo Falcon 9 costruito dalla SpaceX che servirà a veicolare la capsula Dragon. Se la Soyuz fallirà, allora gli Stati Uniti dovranno seriamente riconsiderare la scelta di affidare le missioni alla Stazione Spaziale Internazionale completamente nelle mani dei russi.

Via Wired.it

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