Migliorare la memoria grazie all’applicazione di corrente elettrica sul cervello. È quanto promette un dispositivo attualmente in fase di sperimentazione sugli esseri umani, sviluppato dall’esercito statunitense per aiutare le migliaia di soldati che soffrono di deficit della memoria a lungo termine in conseguenza di traumi alla testa. Due équipe di ricerca finanziate dalla Defense Advanced Research Projects Agency (Darpa) hanno appena presentato, nel corso del meeting annuale della Society for Neuroscience, i primi risultati della sperimentazione, che sembrano essere piuttosto incoraggianti, anche se la ricerca è alle fasi iniziali.
I ricercatori, in particolare, hanno cercato di ricreare i pattern elettrici di creazione e conservazione dei ricordi, scoprendo che le lacune di memoria causate dai traumi cerebrali, in effetti, possono essere colmate. Secondo gli scienziati, il dispositivo potrebbe inoltre tornare utile anche a pazienti che soffrono di perdita della memoria a causa dell’invecchiamento. Al momento, poiché l’impianto di un dispositivo elettrico nel cervello è un’operazione piuttosto delicata dal punto di vista chirurgico, i ricercatori hanno studiato persone affette da epilessia, cui erano già stati impiantati degli elettrodi nel cranio: tali elettrodi sono stati utilizzati per registrare l’attività cerebrale e per stimolare specifici gruppi di neuroni.
Il meccanismo cruciale nel processo di consolidamento della memoria, come spiega Nature, è un segnale che viaggia tra due regioni dell’ippocampo, chiamate Ca1 e Ca3: secondo Theodore Berger, bioingegnere della University of Southern California, ricreare questo segnale potrebbe far recuperare la capacità di memorizzare i ricordi. Gli scienziati hanno chiesto a 12 pazienti di guardare delle immagini e di ricordarle un minuto e mezzo dopo, registrando nel frattempo i pattern di attivazione dei neuroni in Ca1 e Ca3; successivamente, hanno sviluppato un algoritmo che analizza l’attività neurale in Ca1 e predice l’attivazione di Ca3. L’algoritmo ha mostrato un livello di accuratezza dell’80% nelle previsioni.
Usando questo modello, i ricercatori hanno ora in mente di stimolare le cellule di Ca1 con un pattern che imiti il segnale reale proveniente da Ca3, anche se le cellule di questa regione sono danneggiate e quindi impossibilitate a inviare segnali. I test finora effettuati sulle scimmie usando questo approccio hanno dato, secondo uno studio pubblicato due anni fa sul Journal of Neural Engineering, risultati molto incoraggianti. Per ora la stimolazione vera e propria è stata effettuata solo su una donna, ma è ancora troppo presto per concludere che ci siano stati degli effettivi miglioramenti nella memoria della paziente. Nei prossimi mesi ne sapremo di più.
Via: Wired.it
Credits immagine: Kalvicio de las Nieves/Flickr CC