Dal primo luglio in Cina sono entrate in vigore nuove norme sui trapianti di organi per contrastare il commercio illegale e cercare di garantire un livello di sanità in linea con gli standard internazionali.
La Cina è il secondo paese al mondo per numero di trapianti di organi. A maggio 2006 lo stesso ministro della sanità Huang Jiefu ha ammesso che ancora in molte regioni esiste un commercio clandestino alimentato da una grande domanda e che le condizioni igienico-sanitarie sono sotto i livelli internazionali.
Le nuove leggi varate dal governo di Pechino cercano di mettere ordine in una situazione ancora molto confusa e disordinata: vietano il commercio di organi, obbligano il consenso informato del donatore e consentono di effettuare i trapianti soltanto negli ospedali più qualificati. Il problema è che queste leggi “servono solo per i donatori vivi, cioè una minima parte. Il 99 per cento degli organi proviene dai condannati a morte”, ha commentato il professor Chen Zhongua dell’Istituto trapianti dell’ospedale Tongji di Wuhan, in un’intervista al South China Morning Post. Secondo il portavoce del Ministero della anità Mao Qui An, invece, soltanto una minima parte degli organi verrebbe da condannati a morte che sottoscrivono volontariamente la donazione. (t.m.)