Perché le zebre hanno le strisce? Mistero, almeno fino qualche anno fa. Da Charles Darwin in poi, la comunità scientifica si è arrovellata a lungo su questo tema, ma nessuna ipotesi formulata finora si è rivelata del tutto soddisfacente. Ora uno studio del gruppo di Tim Caro, biologo dell’University of California di Davis che ha dedicato la sua vita a studiare le zebre, aggiunge un nuovo tassello alla comprensione dell’arcano: le strisce delle zebre impedirebbero alle mosche di posarsi sul loro mantello, proteggendole cosi dalle punture potenzialmente mortali di questi insetti.
A cosa servono le strisce delle zebre
Ad oggi, sono state formulate quattro principali ipotesi sull’evoluzione e funzione delle strisce delle zebre. Fino a qualche anno fa, la teoria più accreditata ipotizzava che il manto di questi animali servisse a confondere e tenere lontani i predatori, consentendo loro di mimetizzarsi con l’ambiente circostante. I leoni, per esempio, non vedono bene i colori e quindi non riuscirebbero ad individuare le zebre, il cui mantello da lontano appare grigio. Questa ipotesi, tuttavia, ha recentemente ricevuto diverse smentite. Un’altra teoria suggerisce che questo particolare pattern sia importante nel rafforzare i legami intraspecifici e serva quindi agli esemplari di uno stesso branco per distinguersi e riconoscersi. Una terza ipotesi riguarda invece la termoregolazione: la presenza di strisce bianche e nere, in grado di assorbire calore in modo diverso, causerebbe la formazione di piccoli spostamenti d’aria, delle micro-correnti in grado di raffreddare il corpo dell’animale.
Una quarta ipotesi, che sta prendendo piede negli ultimi anni e ricevendo numerose conferme, sostiene che il mantello a strisce bianche e nere sia efficace nell’allontanare mosche e tafani che preferirebbero posarsi su superfici a tinta unica. Tuttavia gli scienziati non sono ancora concordi sul motivo di questa preferenza ed è probabile che vi siano più meccanismi coinvolti. Secondo uno studio di qualche anno fa, il bianco e nero delle strisce della zebra riflette la luce in direzioni diverse, confondendo cosi gli insetti che invece sono attratti dalla luce uniformemente riflessa da un manto a tinta unita.
Alle mosche le strisce bianche e nere non piacciono
Lo studio di Caro e colleghi, invece, punta il dito sulla modalità di volo degli insetti. Il team del ricercatore aveva già dimostrato in precedenza, attraverso l’analisi di moltissimi dati, che le specie di equidi con le strisce sono più diffuse nelle zone dove sono presenti insetti nocivi. Mancavano tuttavia dati empirici che potessero argomentare l’osservazione, per la difficoltà di effettuare studi in natura. Per aggirare l’ostacolo, i ricercatori hanno deciso di osservare il comportamento dei tafani nell’avvicinarsi a degli esemplari di zebre tenute in cattività in una fattoria dell’ Inghilterra.
Tramite riprese video, gli autori dello studio hanno analizzato in dettaglio il volo dei tafani e hanno visto che questi insetti si avvicinano alle zebre a velocità elevata e non riescono a rallentare quando sono in prossimità del mantello, andando a sbattere contro l’animale prima di allontanarsi nuovamente. Così facendo, i tafani riescono a posarsi sul mantello a strisce delle zebre un quarto delle volte in meno che sul manto uniforme dei cavalli. Questo comportamento non è dovuto ad una differente attrattività delle strisce da lontano: infatti se i cavalli vengono ricoperti con una sagoma a strisce, gli insetti mantengono lo stesso comportamento, ovvero si posano sul mantello a strisce meno frequentemente che sulla testa di colore uniforme. “Le mosche non amano atterrare su superfici a strisce bianche e nere – concludono gli autori dello studio – pertanto non rallentano la loro velocità di volo per posarsi sul mantello delle zebre“. Riducendo così il numero delle fastidiose punture.
Riferimenti: Plos One