Un nuovo strumento diagnostico per visualizzare e comprendere il funzionamento cerebrale. Basato, semplicemente, sull’acqua. O, per essere più precisi, sulla misurazione del “rigonfiamento” dei neuroni a causa del massiccio afflusso di acqua che ricevono quando sono attivati. È l’idea di un’équipe di ricercatori dell’Università di Ginevra (Unige), che ha realizzato, per l’appunto, un sistema di imaging ottico, chiamato intrinsic optical signals imaging (Ios), che misura tale afflusso di acqua per costruire in tempo reale una “mappa” dell’attività neuronale. La scoperta è stata pubblicata sulla rivista Cell Report.
Finora, per determinare quali aree cerebrali sono stimolate e attivate durante una particolare attività, si usano principalmente due tecniche. La più diffusa è la cosiddetta risonanza magnetica funzionale (fMri), che misura i cambiamenti nell’ossigenazione e nel flusso sanguigno nella regione cerebrale eccitata. L’altra, quella su cui hanno lavorato gli scienziati di Ginevra, rileva i cambiamenti nella rifrazione della luce da parte delle cellule cerebrali, registrando una minore intensità luminosa nelle regioni attivate. Gli scienziati ritenevano che tale modifica nel comportamento della luce fosse dovuto a cambiamenti nel flusso sanguigno; a quanto pare, invece, la responsabile è anche l’acqua.
In particolare, l’équipe di Ginevra, coordinata da Alen Carleton, ha utilizzato l’Ios per osservare il funzionamento del bulbo olfattivo: “Abbiamo ottenuto immagini altamente contrastate in risposta a un odore”, spiega, “perché migliaia di cellule sensoriali olfattive inviano lo stesso segnale verso una regione molto piccola del cervello. Siamo stati sorpresi dal vedere che, i segnali sono visibili immediatamente dopo l’emissione dello stimolo sensoriale, mentre il flusso di sangue si modifica qualche secondo dopo”.
È stato proprio questo gap temporale a indicare agli scienziati che, probabilmente, l’alterazione del comportamento della luce non è dovuta soltanto al sangue. Approfondendo l’analisi, in effetti, i ricercatori hanno scoperto che i segnali rivelati sono dovuti all’ingresso di acqua nel neurone attivato, in particolare a ridosso dell’assone, il “cavo” attraverso i quali gli impulsi nervosi si propagano da un neurone all’altro. La conferma è arrivata utilizzando la risonanza magnetica funzionale, che ha mostrato come, effettivamente, i neuroni siano sottoposti a un significativo afflusso di acqua immediatamente dopo l’attivazione. Gli scienziati vogliono ora condurre ulteriori studi per comprendere meglio la correlazione tra i segnali rivelati e l’attivazione neuronale.
Riferimenti: Cell Reports DOI: 10.1016/j.celrep.2015.06.016
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